Smart Working, prima indagine su policy aziendali in Italia

Da Variazioni una survey su 300 imprese

LUG 1, 2022 -

Roma, 4 lug. (askanews) – Quale futuro del lavoro dopo la scadenza del regime semplificato? Variazioni, società di consulenza e innovazione organizzativa per

l’adozione di politiche di smart working e change management, presenta la prima indagine sulle policy aziendali di smart working in italia.

Una survey che ha visto coinvolte 300 imprese italiane. Tra i dati principali, per il 90% delle imprese il futuro è agile: prevale il modello ibrido ma l’avanguardia sarà smart senza limiti.

Lavoro agile strutturale poi per il 55,5% delle imprese del campione: la pandemia ha così raddoppiato il numero di aziende con una policy di smart working. Il 38% dichiara invece di non avere ancora una policy ma di volerla adottare entro l’anno. Tra 2,3 il numero medio ponderato dei giorni di smart working alla settimana: prima della pandemia la media era di 4 giorni al mese.

Un panorama variegato e a diverse velocità quello illustrato dalla ricerca di Variazioni, all’interno del quale spicca un 10% di organizzazioni all’avanguardia che hanno adottato un modello completamente smart, 5 giorni su 5, come il caso di PagoPA – società pubblica interamente partecipata dal Ministero

dell’Economia e delle Finanze, la cui mission è la costruzione e gestione di grandi infrastrutture immateriali per la digitalizzazione dei servizi pubblici.

Il campione analizzato è costituito da imprese di tutti i settori, localizzate per oltre l’80% nel nord Italia, per il 12% in Italia centrale e il restante nel sud e le isole. Prevalenti le imprese con oltre 250 dipendenti che rappresentano il 46% del campione contro il 33% di quelle che hanno dichiarato un numero di dipendenti compreso tra 51 a 250 dipendenti e il 22% sotto i 50 dipendenti.

Lo smart working non vuol dire lavorare da casa, ma decidere se e quando è necessario lavorare in ufficio. Tra chi ha già disciplinato e regolamentato il lavoro agile, oltre la metà non lo aveva mai sperimentato prima della pandemia. Il primo tra i motivi dell’introduzione dello smart working (per il 40,5% delle aziende) è quello di rispondere ai bisogni della popolazione

aziendale attuali e future e migliorare il work-life balance nell’ottica di trattenere e attrarre talenti. La necessità di innovare modelli organizzativi è alla base della decisione per il 34% delle imprese, consapevoli che ciò comporta anche una ridefinizione degli stili di leadership oltre ad un cambiamento profondo dei modi di lavorare.

Il lavoro agile orienta l’organizzazione al futuro e alla transizione digitale. 6 organizzazioni su 10 infatti hanno scelto di accompagnare l’adozione dello smart working con formazione specifica.

Le policy sono per la maggior parte degli intervistati uno strumento vivo di cambiamento, che va monitorato. L’83% degli intervistati auspica che la contrattazione collettiva limiti al minimo il suo intervento lasciando alle singole organizzazioni autonomia decisionale e flessibilità. La policy diventerà per

molte imprese uno strumento culturale utile a guidare in maniera complessiva il nuovo modo di lavorare.

Nella stragrande maggioranza dei casi il lavoro agile non è antitetico alla presenza in ufficio: l’87% delle policy prevede che comunque il lavoratore possa recarsi in ufficio anche nelle giornate stabilite per lo smart working. Si supera così l’errata identificazione dello smart working con il home working tipico del periodo emergenziale: il lavoro agile non è più antitetico al

lavoro in ufficio ma concepito come una possibilità. Solo in alcuni casi, il 27%, questa scelta deve essere prima condivisa con l’organizzazione e bisogna chiedere il permesso per venire in ufficio anche nelle giornate smart.

In 9 casi su 10 il lavoro strutturale in smart working non prevede gli straordinari. Nell’84% dei casi è però prevista fornitura di strumenti e tecnologie o indennità per l’acquisto di dispositivi tecnologici o per la creazione di postazioni di lavoro domestiche (3% riconosce rimborso spese delle utenze) o buoni pasto (45%) per venire incontro agli extra costi sostenuti

per lavorare da casa.