Il Nobel Parisi: scienza italiana è ottima, ma servono i giovani

"Necessaria una Finanziaria che permetta a ricerca di ripartire"

OTT 7, 2021 -

Roma, 7 ott. (askanews) – Cori da stadio alla Sapienza per il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. Un tributo caloroso che si è unito alle congratulazioni arrivate dalle istituzioni e dal mondo scientifico. Il Nobel premia Giorgio Parisi per il contributo enorme che ha dato alla conoscenza e in particolare “per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici, dalla scala atomica a quella planetaria” come recita la motivazione dell’Accademia svedese. Un premio che inorgoglisce l’Italia, che si stringe intorno al fisico.

“È un’emozione importante, perché forse quello che più conta sono tutte queste dimostrazioni di affetto per me, da un lato in maniera così visiva e uditiva alla Sapienza, ma anche nei tanti articoli di giornale in cui tante persone mi rivolgono parole molto affettuose”.

La possibilità che il Nobel premiasse Parisi era concreta ma non scontata. “Facendo un ragionamento freddo si sa che circa un terzo dei vincitori del Wolf (il Wolf Prize gli è stato conferito lo scorso febbraio, ndr) poi vincono anche il premio Nobel e un certo numero lo vincono lo stesso anno. Quindi sapevo che c’era la possibilità ma è chiaro che non era assolutamente scontato. Stavolta mi sono tenuto il telefono vicino al computer mentre lavoravo”.

Il Nobel ha certamente stravolto i ritmi consueti della sua vita che presto comunque tornerà alla normalità. Importante, per Parisi, è l’effetto positivo che questo riconoscimento può avere sulla ricerca italiana.

“Certamente quello che spero è che sia una dimostrazione visiva, immediata, che la scienza nel nostro Paese funziona bene. Ci sono stati politici che non voglio nominare, anche commentatori, economisti, che sostengono che l’Italia non è capace di avere una buona scienza. Questo è la dimostrazione che la scienza italiana è certamente ottima e che però sta invecchiando e quindi ha l’assoluta necessità di avere persone giovani che sostituiscano le persone che ogni anno diventano più anziane e che quindi sia assolutamente necessario trasformare l’Italia in un Paese accogliente per i ricercatori. Se poi questo il governo lo farà o no lo vedremo nei prossimi mesi, perché adesso è estremamente importante che venga fatta una Finanziaria che permetta alla ricerca italiana di ripartire. Segnali positivi ci sono stati con questo governo, con il Piano nazionale di resilienza e sviluppo”.

Parisi, attualmente vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, si è molto speso negli anni per sollecitare la politica a una maggiore attenzione alla ricerca che ha bisogno di finanziamenti adeguati anche per evitare la fuga dei cervelli verso Paesi più ospitali, forse anche meno ingessati dalla burocrazia. “La burocrazia se ce ne fosse di meno sarebbe infinitamente meglio, però non è quello. Il sistema Paese va male non solo per la ricerca scientifica, ma in tutti i campi. Noi abbiamo un’emorragia enorme di persone formate ad alto livello, dottorati, laureati che vanno all’estero e quindi l’emigrazione italiana è un problema serissimo, non solo nella ricerca e non dipende tanto dalla burocrazia, ma dalla capacità del nostro Paese di investire nei giovani, investire nel nuovo”.

La pandemia, la crisi climatica hanno certamente cambiato la considerazione dell’opinione pubblica per la scienza. Un effetto duraturo o solo dettato dall’emergenza? “È difficile dirlo. È vero forse che c’è la tentazione da parte di qualcuno che ‘passata la festa, gabbato lo santo’, però io spero che queste cose nel tempo cambino, ma queste cose cambiano su una scala di tempo molto lunga, quindi è assolutamente necessario investire nelle giovani generazioni, nel rapporto fra giovani generazioni e scienza e la scienza deve essere insegnata in maniera più attenta a quelli che sono i bisogni delle persone in modo da rendere le persone autonome, che siano in grado di orientarsi nel mondo moderno. La scienza deve essere insegnata nella maniera opportuna fin dall’asilo. In Israele, in Canada, che io sappia, ci sono esperimenti pilota di scienza negli asili, cosa che certamente bisognerebbe fare anche in Italia e l’Accademia dei Lincei sta riflettendo su questo punto”.

Parlando di insegnamento il pensiero torna a quei cori alla Sapienza, all’entusiasmo di quei giovani per il premio Nobel che per loro è Giorgio, il loro Giorgio. Professore, come ha fatto a conquistarli? “Intanto la domanda dovrebbe farla agli studenti. Il fatto è che, come lei ha detto, mi sono speso non solo per le mie ricerche ma per quello che si potrebbe chiamare, con una parola un po’ desueta, il bene comune, quindi il fatto che abbia preso molte posizioni a favore della ricerca, dei finanziamenti pubblici. Ricordo una serie di attività contro la riforma Gelmini, ricordo una lezione fatta in piazza vicino a Montecitorio, un’altra lezione fatta sui tetti del Dipartimento di Fisica. Sono delle prese di posizione, del tempo che ho utilizzato per cercare di migliorare le cose che molti si ricordano”.