Procuratore Riello: Cutolo trasformò la camorra in imprenditrice

Mercato giusto sia libero ma "servirebbe qualche regola in più"

FEB 22, 2021 -

Napoli, 22 feb. (askanews) – All’indomani delle polemiche sui funerali vietati in forma pubblica e solenne per Raffaele Cutolo, il boss della Nuova Camorra Organizzata morto il 17 febbraio in ospedale a Parma, parla Luigi Riello, procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli, che lo interrogò quando era giudice in Corte d’Assise negli anni 90, come teste in un processo a carico di altri camorristi.

Riello spiega di aver trovato all’epoca una persona ancora “molto sicura di sé” che “voleva esportare un’immagine positiva di se stesso”, un po’ alla Robin Hood, per dare ai poveri togliendo ai ricchi. Ma ‘O Professore, come lo chiamavano i suoi compagni di carcere, dagli anni ’80 e soprattutto nel periodo immediatamente successivo al Terremoto, è stato colui che ha trasformato la camorra in “imprenditrice”, quella che “purtroppo oggi imperversa ed è altamente invasiva ed infiltrata nei gangli della finanza e purtroppo anche delle istituzioni”.

“Io ricordo sempre una scena del film “Il Camorrista” tratto dall’omonimo libro di Joe Marrazzo – afferma Riello – in cui si vede un Cutolo che fa patti con imprenditori e politici proprio per la ricostruzione post terremoto, e dice una frase che sintetizza la trasformazione genetica della camorra, da una camorra meramente parassitaria a una camorra che vuole entrare in un ruolo da protagonista nella vita economica, finanziaria e politica dello Stato. Cutolo dice – c’è un Ben Gazzara che lo interpreta molto bene – prima eravamo in cucina a raccogliere le briciole, oggi noi chiediamo di sedere al tavolo, anzi di stare a capotavola. Oggi la camorra purtroppo è in molti casi, e in molti contesti a capotavola, nel senso che la camorra ha delle menti raffinatissime accanto ai killer e ai sanguinari, a coloro che sono la manovalanza e cioè che curano lo spaccio di droga e che sono gli assassini delle strade. Ci sono anche liberi professionisti, imprenditori, politici che fanno affari con la camorra. Anche un trattato dello stesso comune di Napoli, qualche anno fa ha parlato delle due città che spesso in maniera molto schematica quanto errata, vengono considerate due città distinte. La parte buona e la parte cattiva. Purtroppo questa demarcazione non è affatto netta. La droga la confezionano a Scampia, ma non la consumano a Scampia, viene consumata nei quartieri alti, quindi c’è questo contatto quotidiano. Ma c’è qualcosa di più alto, di più importante, di più perverso che è appunto quel fare affari insieme. La camorra non ha bisogno nemmeno di mutare le regole del mercato, perché certe volte vi sono azioni delittuose e quindi la camorra ricicla il danaro di azioni delittuose in attività imprenditoriali. Ma altre volte svolge in prima persona attività imprenditoriali lecite, a fianco degli altri imprenditori, seguendo e non stravolgendo regole del mercato. E quindi il mercato viene utilizzato dalla camorra, un mercato che è giusto che sia libero ma forse dovrebbe avere qualche regola in più per non essere selvaggio, e che in qualche modo aiuta la camorra a essere purtroppo un protagonista forte della vita finanziaria di questo Paese”.

Servizio di Cristina Giuliano

Montaggio a cura di Linda Verzani

Immagini di askanews