Napoli, parla Riello: ecco perchè murales dei clan vanno rimossi

Rispetto per il dolore famiglie, ma non vanno celebrati come eroi

FEB 22, 2021 -

Napoli, 22 feb. (askanews) – “Sposare la logica dei murales che non devono essere rimossi significa sposare una logica perversa, anti statuale. E in questo bisogna essere netti: o si è con lo Stato, o si è contro lo Stato, non ci sono vie di mezzo”. Così Luigi Riello, procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli in un’intervista ad askanews, mentre la polemica sui murales e gli altarini dedicati ai babyrapinatori incendia la Campania. In particolare quello in memoria di Ugo Russo a Montecalvario, Quartieri Spagnoli: per salvare il murale in queste ore il “Comitato verità e giustizia per Ugo Russo” ha raccolto una petizione.

“Gli altarini significano, al pari del murales, una celebrazione dei personaggi e quindi una forma di eroismo del crimine” dice Riello. “Si raffigura una persona positiva. Credo che sia uno sfregio a chi fa il proprio dovere, alle forze dell’ordine, alla legalità far sì che si imbrattino i muri della città con le persone che sono morte, non nell’adempimento del proprio dovere come un carabiniere o un poliziotto, non lavorando e magari cadendo da un’impalcatura come un operaio, ma nel fare un’azione delittuosa. Allora celebrare queste persone cosa vuol dire? Capovolgere totalmente i valori, vuol dire additare ai giovani un esempio negativo. Il giovane guarda soprattutto alla notorietà e quindi il giovane sarà spinto a emulare quell’esempio, pur di raggiungere una notorietà”.

Ma non è l’unico quello per Russo, 15enne ucciso. C’è anche l’altarino per Genny Verrano. Un fenomeno che si insinua nella tradizione tutta napoletana di dedicare muri interi agli eroi della città, da Maradona a Pino Daniele, passando per Nino D’Angelo il cui murale dello street artist Jorit è stato imbrattato a San Pietro a Patierno con la scritta “I morti vanno rispettati, non cancellati”. Come abbiamo potuto constatare girando queste immagini, la scritta ora è stata rimossa.

La posizione di Riello si è dimostrata ferma e chiara sin dall’inizio: “Massimo rispetto per il dolore delle famiglie, perché chi perde un figlio va rispettato, anche se il modo in cui l’ha perso non è onorevole, ma quando il dolore da privato diventa pubblico, con la celebrazione, diventa qualcosa di negativo, nel senso che offre un modo per far sì che questi personaggi vengano considerati intanto i padroni del loro quartiere e gli estranei sono lo Stato, i carabinieri, i poliziotti, sono i nemici da abbattere”.

Servizio di Cristina Giuliano

Immagini di askanews