Juan Ignacio Vidarte: il museo strumento sociale e di apertura

Un'intervista con il direttore generale del Guggenheim di Bilbao

FEB 12, 2021 -

Bilbao, 13 feb. (askanews) – Il museo Guggenheim di Bilbao è una delle mete più celebri del turismo culturale internazionale che ora sta tornando ad aprirsi al pubblico dopo la crisi pandemica. In occasione dell’inaugurazione del programma del 2021 abbiamo incontrato il direttore generale Juan Ignacio Vidarte.

“Talvolta – ha detto ad askanews – quando si devono affrontare grandi cambiamenti, grandi sfide o momenti difficili c’è una tendenza a chiudere le porte e a guardare solo a se stessi. E’ comprensibile, ma è sbagliato. Credo si possa essere più forti stando insieme, credo che l’unico modo per uscirne sia farlo insieme e che si debba potenziare il network che già esiste, importante soprattutto in momenti difficili come quelli che viviamo ora”.

E, per dare la misura delle difficoltà che anche i musei hanno incontrato nel 2020, i numeri sono eloquenti. “La realtà – ha aggiunto Vidarte – è che alla fine dell’anno scorso abbiamo avuto il 70% in meno dei visitatori rispetto all’anno precedente, abbiamo chiuso il 2020 con 315mila presenze, circa il 30% di quello che avevamo previsto nel 2019. Abbiamo dovuto rimodulare i nostri budget, in modo significativo per l’anno scorso. Abbiamo avuto tagli per circa il 30% e questo ha comportato modifiche nei nostri programmi, nel modo di lavorare e abbiamo cercato però di farlo senza cambiamenti traumatici, in primo luogo preservando lo staff del museo”.

La prima mostra del nuovo anno è dedicata a “Bilbao e la pittura”, un progetto nato prima della pandemia, ma che in questo momento assume un significato ancora più forte di relazione con la città e la comunità locale che, con le difficoltà di spostamento, diventa il principale bacino di riferimento.

“Il museo – ci ha raccontato il direttore – è nato in un momento di trasformazione della città, che usciva da un periodo difficile. Il museo è stato una sorta di strumento sociale che ha aiutato la città in questo passaggio e non abbiamo mai smesso di credere in questo ruolo. E credo che in questo momento difficile il legame si sia ulteriormente rinforzato”.

Inevitabile, poi, provare a chiedere a Vidarte che cosa si prevede, dalla prospettiva del Guggenheim di Bilbao, per il prossimo futuro.

“Anche se non abbiamo sfere di cristallo e non sappiamo cosa succederà – ci ha risposto – abbiamo provato a fare delle previsioni e crediamo che tutta la prima metà dell’anno sarà ancora caratterizzata da pochi visitatori e da una situazione incerta. Ma pensiamo anche che con la seconda parte dell’anno si possa tornare verso la normalità. Per questo abbiamo immaginato un programma magari meno intenso, con un metabolismo più lento, con una più grande presenza della collezione permanente. Ma abbiamo anche voluto preservare quattro grandi mostre, più il programma dedicato ai film e ai video”.

Guardando un po’ più lontano, infine, ci si accorge che, nonostante tutti i cambiamenti intervenuti, le fondamenta dell’essere museo non cambiano, pur aggiornandosi con il mutare della società, a partire dall’identità digitale che le istituzioni culturali si sono date e si stanno dando.

“Noi – ha concluso Juan Ignacio Vidarte – dobbiamo continuare a fare bene quello che è il nostro compito, ossia essere istituzioni culturali rilevanti, dimostrare che la cultura è un bisogno sociale. E dobbiamo concentrarci su ciò che riusciamo a fare bene, ossia mettere in contatto l’arte e il pubblico. E questo non sarà diverso rispetto a cinque anni fa e sarà ancora così tra cinque anni”.