La cultura, strumento di soft power e diplomazia globale

Gaetano Castellini Curiel analizza le strategie dei vari Paesi

GEN 29, 2021 -

Milano, 30 gen. (askanews) – La cultura è spesso ritenuta elemento accessorio, di svago o di piacere, mentre in realtà è uno degli aspetti fondativi dei vari Paesi ed è anche sempre stata un elemento decisivo nelle relazioni internazionali, partendo, se volete dalla Grecia conquistata dai romani che si prese la rivincita diffondendo in tutto l’impero appunto la propria cultura. E anche oggi il tema resta di grande attualità. Ne abbiamo parlato con Gaetano Castellini Curiel, che ha scritto per l’Editoriale Le Lettere il saggio “Soft Power e l’arte della diplomazia culturale”.

“Oggi la diplomazia culturale nello scenario della geopolitica – ha detto lo studioso ad askanews – per alcuni Paesi è strategica. Il primo esempio è la Cina: dopo un periodo di preparazione lo scorso anno ha lanciato la Nuova via della Seta, One Belt One Road, con la quale vuole istituire, per le sue mire espansionistiche, un asse tra Cina, Europa ed Africa, con investimenti nella cultura, ma anche infrastrutturali”.

La prima nazione europea a coltivare le nuove possibilità con Pechino è stata la Francia, che ha aperto un museo Pompidou a Shanghai e ha portato in Cina una grande mostra di Picasso, oltre ad avere esportato il Louvre ad Abu Dhabi, altra regione cruciale dove la diplomazia si fa anche attraverso la cultura. Ma a muoversi sono pure Paesi come l’Arabia Saudita, che vuole portare la spesa culturale dei propri cittadini al 6% e migliorare la propria immagine nel mondo. E non sono i soli.

“La Corea – ha aggiunto Castellini – ha addirittura un ufficio centrale dove studia a tavolino dei modelli culturali da esportare, la musica K-Pop o il film Parasite che ha vinto l’Oscar l’anno scorso. E ora si stanno concentrando per vincere il Nobel della Letteratura”.

Nel discorso sulla diplomazia culturale Castellini inserisce anche la scelta, per la cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, di invitare sul palco Lady Gaga, Jennifer Lopez che ha parlato in spagnolo e una giovane poetessa afroamericana. Ma il campo di gioco è ancora più largo e comprende, per esempio, la “guerra del sushi” tra i giapponesi, rigorosi e tradizionalisti, e i cinesi che gestiscono milioni di “All you can eat” proprio di sushi. Come si vede, quindi, il tema del Soft Power, che una volta sembrava esclusivo appannaggio dell’impero americano, viene praticato, seppur in modi diversi, in gran parte del mondo. E, seppure soft, resta comunque un discorso di potere.

“Il potere per me – ha concluso Gaetano Castellini Curiel – è inteso come potere d’attrazione, potere dell’attenzione, potere del bello, in contrapposizione all’hard power, che può essere l’economia spregiudicata, la finanza spregiudicata o addirittura la guerra”.

Ma nei grandi musei, nelle mostre internazionali, nei film o nelle celebrazioni storiche, in un certo senso questa nuova forma di guerra non guerreggiata continua a essere combattuta. Anche nelle silenziose e magnifiche sale di un’esposizione d’arte.