Genocidio Rohingya, Suu Kyi a Corte Onu per difendere il Myanmar

Amnesty: prove su responsabilità, violati diritti umani

DIC 10, 2019 -

L’Aia, 10 dic. (askanews) – La leader del Myanmar, Aung San Suu Kyi, è comparsa davanti alla Corte internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite all’Aia per difendere il suo Paese dalle accuse di genocidio della minoranza musulmana dei Rohingya.

Migliaia di Rohingya sono stati uccisi e oltre 700.000 sono fuggiti nel vicino Bangladesh durante una repressione dell’esercito nel Paese a maggioranza buddista nel 2017. Ad accusare la Birmania è il Gambia che ha intentato causa dopo aver ottenuto il sostegno dell’Organizzazione per la cooperazione islamica.

“A tutti il Gambia chiede di dire al Myanmar di fermare questa mattanza senza senso, di fermare questi atti barbari e brutali che continuano a scioccare le nostre coscienze e di fermare il genocidio del popolo”. Ha dichiarato il ministro della Giustizia Abubacarr Tambadou all’Aia.

Il Myanmar ha sempre smentito le accuse e insistito sul fatto di avere combattuto una minaccia estremista.

“Ci sono prove schiaccianti che le forze armate di Myanmar abbiano commesso crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani contro i rohingya. Ciò nonostante le autorità di Myanmar, compresa la stessa Aung San Suu Kyi, continuano a respingere, negare o minimizzare queste accuse”: ha aggiunto Nicholas Bequelin, direttore di Amnesty International per l’Asia.