Guardare in faccia il presente: l’Anthropocene al MAST di Bologna

In mostra opere di Burtynsky, Baichwal e De Pencier

AGO 20, 2019 -

Bologna, 20 ago. (askanews) – Sono immagini meravigliose e agghiaccianti al tempo stesso, una documentazione implacabile, ma di altissimo profilo visivo, dell’impronta che l’uomo lascia sulla Terra. La Fondazione MAST di Bologna ha inaugurato la mostra multimediale “Anthropocene”, che presenta le fotografie di Edward Burtynsky e i film di Jennifer Baichwal e Nicolas De Pencier.

Un progetto che si basa sulla ricerca del gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group, che dimostrano come la razza umana sia diventata la singola forza più determinante del pianeta. E questo impatto è ciò che un fotografo di fama mondiale come Burtynsky si è trovato a dover guardare a occhi spalancati.

“In un certo senso – ha spiegato ad askanews – ho il privilegio di poter vedere che cosa gli esseri umani stanno facendo, ma al tempo stesso questo è molto spaventoso. Io non ho figli, ma molti miei amici ne hanno e io credo che uno dei grandi pericoli per il pianeta è credere che saranno loro, i figli, a risolvere il problema. Ma non abbiamo tutto questo tempo. Il tempo delle discussioni sta finendo e il momento di agire è adesso”.

Trentacinque immagini in grande formato, quattro murales ad alta risoluzione, tredici installazioni video, tre spazi di realtà aumentata e un film, codiretto dai tre artisti, per raccontare “L’epoca umana”.

“C’è molta disinformazione – ha aggiunto Ed Burtynsky – ma io credo che come artisti abbiamo ancora una possibilità di dare una mano, come alcuni dei molti soldati che combattono la battaglia per salvare il pianeta. Ma le piattaforme delle arti visive e dei film, dei libri, delle mostre nei musei, credo siamo dei modi molto potenti per raccontare questa storia”.

Quello che colpisce nella mostra bolognese, oltre alla dimensione sempre più ampia nella quale il MAST declina l’idea contemporanea di fotografia, elemento cruciale per capire le arti del nostro tempo, è anche la straordinaria bellezza di molte immagini, che in qualche modo contiene un elemento di ulteriore malinconia, ma anche, se volete, una possibilità di arrivare più a fondo dentro lo spettatore. Oltre che una drammatica ambivalenza che è un altro elemento di forza dell’esposizione.

“Credo che – ha concluso il fotografo canadese – come creatore di immagini, io possa prendere alcune idee della scienza attuale e provare a tradurle in un modo che consenta alle persone di connettersi con esse, in un maniera visuale e e più emozionale”.

E dalla connessione la speranza di tutti è che possa derivare un nuovo modo di pensare l’Antropocene e l’impatto che ogni nostra azione ha sul pianeta.