“JapanOrfeo”: Monteverdi in Giappone per un sogno culturale

Il progetto di Carpené e Vizioli con Missoni e Pirelli

GIU 28, 2016 -

Roma, (askanews) – Sarà questa l’arpa di luce di Orfeo, fatta di raggi laser verdi, nell’Orfeo di Claudio Monteverdi in Giappone. La madre di tutte le opere andrà in scena in terra nipponica in ottobre. Un progetto che nasce, in collaborazione con le istituzioni giapponesi, dalla fervida fantasia di Aaron Carpené e Stefano Vizioli, direttore d’orchestra e regista. JapanOrfeo è un progetto che vedrà i bellissimi costumi disegnati da casa Missoni, e non solo.

“L’altra eccellenza nell’ambito del contemporaneo è l’arpa di luce di Pietro Pirelli, quest’arpa creata da raggi laser che attraverso il passaggio delle dita, suona questo per un complicatissimo sistema di sensori e computer; ed è programmato sulla musica che Orfeo suona con l’arpa nello spartito di Monteverdi” spiega Stefano Vizioli, il regista.

Per i costumi, Luca Missoni è entrato nel mondo magico del teatro: “La cosa affascinante è vedere come cose che sono state fatte per il nostro lavoro”, spiega, “per dei clienti che le compreranno e le useranno nella vita di tutti i giorni, vedere come invece possano avere un altro tipo di ruolo, anche culturale, prendendo la vita di personaggi di una storia di teatro”.

L’appuntamento per questo Orfeo nel grande tempio di Tsurugaoka Hachimangu è per il 7 ottobre. Un’occasione di contaminazione culturale, cantata in italiano e bungo, l’antica lingua letteraria giapponese. C’è un lungo studio e tanto rispetto dietro alla congiunzione di linguaggi anche musicali e coreografici, fra teatro giapponese e pizzica tarantina. L’ambasciatore giapponese in Italia Kazuyoshi Umemoto spiega: Ci sono somiglianze fra il mito di Orfeo ed Euridice e il mito giapponese di Izanagi e Izanami. Il Giappone e l’Italia sono distanti geograficamente ma si somigliano molto per certi aspetti culturali”.

Carpené e Vizioli non sono nuovi a questo genere di contaminazioni; nel 2014 hanno portato in scena l'”Aci e Galatea” di Haendel nel piccolo regno himalayano del Bhutan, un’avventura che ha aguzzato l’appetito. “Con questo tipo di progetto vorrei esaltare la diversità dell’identità. Nella esaltazione della diversità dobbiamo capire anche che il diverso non è pericoloso; va capito, va studiato, e poi ti diventa amico” spiega Carpené. E Vizioli aggiunge, “Ci sono culture altrettanto forti, altrettanto complesse che dobbiamo solo studiare nel rispetto delle reciproche indipendenze. Questo è importante: studiare e scoprire”.