Massimo Liberatori, il medico che dà speranza ai romeni amputati

E' stato insignito da onoreficienza per il suo impegno

DIC 4, 2015 -

Roma, (askanews) – La vita di chi ha subito l’amputazione di un arto in età giovanile in Romania ha troppo spesso l’esito di un’esclusione sociale. Il progetto “Ragazzi in gamba” punta a contrastare questo fenomeno e il dottor Massimo Liberatori, che guida il programma, è stato insignito con un’onorificenza dal presidente romeno Klaus Iohannis per il suo impegno. Come è nato il progetto “Ragazzi in gamba”?

“Il progetto ‘Ragazzi in gamba’ (Tineri pe picioare) è nato nel 2004 per un incontro casuale con un giovane romeno arrivato in Italia con la speranza di ricevere una protesi. Su iniziativa di Auci (Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma) e della Chiesa ortodossa romena in Italia è partita l’idea di realizzare un progetto a finalità sociosanitaria. I destinatari sono giovani romeni tra 20 e 45 anni con amputazione di uno o più arti. E’ una realtà che in Romania oggi chi ha una disabilità motoria per la mancanza di uno o più arti, è spesso lasciato a un destino di marginalità esclusione e povertà. Le protesi fornite dal progetto sono state e sono tutt’oggi realizzate presso la filiale di Roma del centro protesi Inail con il quale è siglata un’intesa. Ad oggi 113 romeni amputati hanno beneficiato del progetto e 126 sono state le protesi fornite dato che 13 pazienti presentavano una doppia amputazione”.

I disabili in Romania vivono in condizioni molto difficili, quanto può aiutarli il suo lavoro? “Purtroppo in Romania le persone con disabilità fisica vivono in situazioni di estrema difficoltà specialmente coloro sono già in situazioni marginali o abitano in zone rurali in cui domina ancora una cultura del passato. Le stesse famiglie hanno una concezione di handicap che può significare una persona che non vale perché non produce reddito. Ne fanno parte coloro che vengono abbandonati dalla propria famiglia per esempio i mariti senza una gamba non ha nessun valore. Forse ancor più grave è il caso di chi viene mandato, per non dire obbligato, dalla propria famiglia a mendicare in Paesi stranieri sfruttando la propria disabilità nella convinzione di passare una vita agiata fatta magari di un telefonino di ultima generazione. Il primo obiettivo del nostro lavoro quindi è quello di migliorare le condizioni materiali di vita in Romania delle persone amputate attraverso la riacquisizione soggettiva dell’integrità fisica attraverso la protesi”.

Lei è considerato un italiano con il cuore romeno. Cosa significa per lei? E che peso ha l’onorificenza che ha ricevuto sul suo impegno? “Quando ho cominciato a frequentare la comunità romena di Roma circa 10 anni fa gli italiani non avevano una immagine idilliaca né della Romania in generale né dei romeni in Italia. Non mi sono mai fatto influenzare da questa realtà mediatizzata, perché ritengo che ogni popolo abbia i suoi buoni e i suoi cattivi. L’onorifecenza che mi è stata conferita è stata per me una sorpresa talmente inaspettata che è andata a consolidare il mio senso di appartenenza e condivisione con il popolo romeno. So che è un titolo a cui pochi romeni possono ambire e questo mi riempie ancora di più di orgoglio”.