“L’Isis si finanzia anche con il contrabbando di sigarette”

Lo ha spiegato uno dei massimi esperti mondiali, Louise Shelley

NOV 17, 2015 -

Roma, (askanews) – Il terrorismo di matrice islamica dell’Isis che ha insanguinato la Francia si finanzia anche attraverso il contrabbando di sigarette. E’ quanto è emerso dal convegno “Traffici e Terrorismo”, tenutosi nella Biblioteca del Senato e organizzato dalla rivista di geopolitica Limes, con la partecipazione di numerosi esperti e anche del presidente del Senato Piero Grasso.

Secondo la professoressa Louise Shelley della George Mason University, uno dei massimi esperti mondiali sui rapporti fra terrorismo e criminalità organizzata, spesso ci si è concentrati troppo sul traffico di droga su larga scala e non abbastanza sui traffici di minore entità che sostengono le reti terroristiche.

“Come si è visto nell’attacco terroristico in Francia dello scorso gennaio, i terroristi che hanno attaccato Charlie Hebdo si erano finanziati attraverso la vendita di sigarette e di scarpe da ginnastica contraffatte. Quindi spesso si tratta di attività illegali su scala minore. Uno dei terroristi identificati negli attacchi di venerdì 13 novembre ha avuto otto condanne per reati minori. Quindi non si tratta di attività criminali su larga scala, di grandi organizzazioni criminali di grandi dimensioni: spesso ciò che finanzia i terroristi sono attività di piccolo cabotaggio”.

“Questo lo abbiamo rilevato anche negli Stati Uniti, con traffici illegali su scala minore che generano un reddito che viene inviato all’estero per finanziare il terrorismo”. Ma gli Stati stanno contrastando efficacemente questo fenomeno, e l’opinione pubblica è consapevole del collegamento fra contrabbando di tabacco e terrorismo?

“Non credo che si stia facendo abbastanza e credo che debba essere una priorità molto più importante. Uno dei motivi per cui i terroristi preferiscono queste attività è che comportano un rischio molto basso mentre i profitti sono relativamente alti, e quindi riescono a farlo. Per questo bisogna fare in modo che le cose cambino e che i consumatori capiscano e siano responsabilizzati su cosa acquistano”.