Tokyo 2020, ecco perché l’imperatore ha cambiato formula d’apertura

La figura di Naruhito: un regnante che non ha poteri

LUG 24, 2021 -

Olimpiadi Tokyo, 24 lug. (askanews) – Il diavolo è nei dettagli e talvolta anche una singola, breve paroletta può avere un peso politico e culturale importante. Così ieri, in maniera studiata e mantenendosi sul filo di un irreprensibile rigore istituzionale, l’imperatore del Giappone Naruhito ha formulato (in giapponese) una versione modificata della dichiarazione di apertura delle Olimpiadi estive. Questione di dettagli, insomma, che informano la sostanza. L’imperatore nipponico nella cerimonia inaugurale di ieri ha potuto pronunziare in giapponese una dichiarazione che non conteneva la parola “iwai”, che indica il felicitarsi, sostituendola con “kinen”, che si può tradurre “commemorare”. “Io dichiaro aperti i Giochi di Tokyo che commemorano la XXXII Olimpiade”, ha detto l’imperatore giapponese nel formalissimo momento in cui si è alzato per pronunciare la formula statuita nella Carta olimpica, che però contiene in inglese la parola “celebrating”, che in giapponese andrebbe tradotto “iwai”. La Carta olimpica, oltre a stabilire che i Giochi olimpici devono essere aperti dal capo di stato del paese ospitante, indica anche la formula che va pronunciata. Nelle precedenti Olimpiadi che si sono tenute in Giappone, nel 1964, l’allora imperatore Showa (Hirohito) usò la parola “iwai”. Ma, rispetto a quella edizione in cui il Giappone si presentava come un paese ricostruito e in corsa verso il benessere, oggi le Olimpiadi si svolgono in un clima plumbeo, caratterizzato dalla pandemia Covid-19 che ha mietuto vittime e provocato sofferenza in tante persone in tutto il mondo e anche in Giappone. Così Naruhito – che nelle scorse settimane ha fatto filtrare la sua forte preoccupazione per l’effetto che può avere lo svolgimento di un evento globale di queste dimensioni mentre il paese asiatico è nel bel mezzo di una nuova ondata di contagi – non se l’è sentita di utilizzare un termine come “celebrare” in un momento come questo. Da un punto di vista della formalità, secondo la potente Agenzia della Casa imperiale nipponica, c’è un’assoluta aderenza alla Carta olimpica: semplicemente la parola inglese “celebrating” è stata tradotta in maniera diversa. Ma le cose non sono così semplici. Una situazione diversa da quella suscitata dall’allora presidente Usa George W. Bush che, nell’aprire le Olimpiadi invernali di Salt Lake City nel 2002, volle fare riferimento agli attentati dell’11 settembre 2001, aggiungendo la frase: “(…) a nome della nostra orgogliosa, determinata e grata nazione”. Questa aggiunta diventò oggetto di discussioni e critiche. Tuttavia bisogna anche contestualizzare per capire quanto la questione sia rilevante in Giappone. L’Imperatore, sulla base della Costituzione nipponica, rappresenta l’unità del popolo giapponese e non può assolutamente entrare nell’agone politico, né esprimere opinioni o cercare di influenzare la linea politica del governo. Non ha poteri reali: si parla nel suo caso di “Tenno-shocho”, ovvero “Imperatore-simbolo”. Così, l’Agenzia della Casa imperiale, nel far filtrare la preoccupazione del Tenno per lo svolgimento delle Olimpiadi durante la pandemia, non ha attribuito direttamente a Naruhito una dichiarazione, ma l’ha comunicata come impressione del capo dell’agenzia stessa. Anche in questo caso, la bozza della dichiarazione pronunciata dall’Imperatore è stata prodotta dal Comitato organizzatore. Tuttavia si può immaginare il lavoro diplomatico che si è svolto, sotto traccia, per ottenere questa piccola ma significativa modifica. Se colleghiamo questi fatti con la decisione dell’imperatrice Masako di non prendere parte alla cerimonia di ieri, e con lei di tutti gli altri componenti della Casa imperiale, che non andranno a vedere alcuna gara a causa dello stato d’emergenza proclamato l’8 luglio dal governo, si compone un quadro che suggerisce una pacata distonia tra il Palazzo imperiale e le autorità politiche. D’altronde l’imperatore-simbolo rappresenta l’intero popolo giapponese e, se i sondaggi segnalano che la grandissima parte dei giapponesi appare contrario allo svolgimento in queste condizioni dei Giochi, questo fatto una qualche ricaduta istituzionale doveva pur averla.