Tokyo2020, organizzazione nel mirino per musicista “bullo”

Le dimissioni di Cornelius una nuova tempesta sui Giochi

LUG 20, 2021 -

Olimpiadi Tokyo, 20 lug. (askanews) – Dopo il sessismo e il “body shaming” è il bullismo a mettere in difficoltà l’organizzazione delle Olimpiadi di Tokyo. Il musicista Keigo Oyamada, in arte Cornelius, ha rassegnato le dimissioni come membro del team creativo per la colonna sonora dello spettacolo che darà inizio ai Giochi, dopo che sono emersi particolari del suo passato di “bullo” ai tempi della scuola. La scelta di Oyamada come uno dei quattro compositori della colonna sonora della cerimonia è finita nell’occhio del ciclone dopo che, proprio a ridosso dell’inizio dei Giochi, sono riemerse due interviste vecchie di un quarto di secolo in cui il famoso musicista ammetteva di aver commesso atti di bullismo nei confronti dei suoi compagni ai tempi della scuola e, fatto particolarmente odioso, di aver maltrattato e umiliato anche studenti disabili. L’artista – uno dei principali esponenti negli anni ’90 dello stile musicale Shibuya-kei, che ebbe una notevole risonanza internazionale – aveva presentato la scorsa settimana scuse nei confronti di chiunque si fosse sentito ferito, ma questo fatto non è stato sufficiente a calmare i social, attraverso i quali molti utenti hanno protestato a gran voce, chiedendosi se il contributo di Cornelius – in tutto 4 minuti di musica – fosse in linea col rispetto dei valori olimpici. Così, ieri sera, è arrivato un tweet dell’artista, il quale si è dimesso scusandosi ancora: “Mi pento dal profondo del cuore del fatto di aver suscitato ricordi dolorosi in molti e di aver provocato disturbo”. Il Comitato organizzatore, di conseguenza, ha annunciato che i quattro minuti di musica assegnati a Cornelius verranno eliminati dalla colonna sonora. Si è trattato di una mossa evidentemente tardiva e balbettante: ancora ieri il Comitato organizzatore aveva segnalato di non volersi privare della musica di Oyamada. Solo un intervento del governo giapponese, per bocca del suo portavoce Katsunobu Kato, aveva apparentemente fatto cambiare il vento. In realtà, più che lo stesso Cornelius i cui deprecabili comportamenti risalgono alla gioventù (oggi l’artista ha 52 anni), nel mirino di molti c’è proprio il fatto che l’organizzazione non si sia resa conto o preoccupata del passato dell’artista che aveva ingaggiato. A fare indignare molti è stata l’insensibilità mostrata dall’organizzazione rispetto a tematiche che sono particolarmente a cuore all’opinione pubblica nipponica e internazionale. E’ stato il caso, per esempio, delle affermazioni sessiste dell’allora presidente del Comitato organizzatore Yoshiro Mori, un anziano ex primo ministro, che si dové dimettere a febbraio dopo aver dichiarato di non gradire donne nelle riunioni perché facevano perdere tempo. A marzo poi è toccato al direttore creativo della cerimonia d’inaugurazione Hiroshi Sasaki dover lasciare il posto dopo che è emerso il contenuto di una conversazione privata nella quale suggeriva alla comica Naomi Watanabe, che è sovrappeso, di promuovere le Olimpiadi nella veste di “Olympig”. Il caso di Oyamada, se possibile, però impressiona ancor di più, non solo perché si è verificato a ridosso ormai dell’inizio delle Olimpiadi, ma perché tocca un nervo scoperto della società nipponica: il problema doloroso dell'”ijime”, cioè del bullismo, presente ovunque nella società nipponica ma soprattutto nel contesto della scuola. Nel 2019 i casi denunciati di bullismo scolastico in Giappone sono stati oltre 600mila. Ma si tratta, come è facile intuire, soltanto della punta di un iceberg. In una società che predilige una certa uniformità – è noto il proverbio secondo il quale “il chiodo che spunta del muro deve essere martellato fino a metterlo in pari” – i soggetti fragili o diversi, in maniera abbastanza automatica, finiscono per essere messi ai margini e, nei casi peggiori, di diventare oggetto di ijime. A scuola questa dinamica è particolarmente frequente e preoccupante. La società giapponese ha cominciato a problematizzare il tema dell’ijime a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando una raffica di suicidi di studenti fece particolare scalpore. In particolare colpì il caso di un alunno di scuola media nel 1986, che s’impiccò dopo che i suoi compagni di classe avevano messo in scena un funerale fasullo per lui, scrivendo persino un macabro biglietto di saluto, sorprendentemente firmato anche da tre insegnanti. Da quell’epoca poco è cambiato in questo campo. Nel 2011 un ragazzo di 13 anni si buttò da una finestra dopo essere stato bullizzato per un anno dai suoi compagni di classe che, tra gli altri tormenti, gli facevano mimare il suicidio. Allora le autorità della città di Otsu, dove erano avvenuti i fatti, non riuscirono a vedere il legame tra l’ijime e la decisione del ragazzino di togliersi la vita. Un altro caso che ha fatto un grande scalpore riguarda una ragazza di 15 anni di nome Naoko Nakashima, che si è suicidata nel 2015 in seguito a bullismo. La cosa sorprendente è che la scuola è finita sotto indagine perché gli insegnanti hanno tentato di nascondere l’ijime nei confronti della ragazza. Il governo ha tentato di porre un freno al fenomeno, facendo approvare nel 2013 una legge per la prevenzione dell'”ijime”. Ma la legge non ha funzionato e sistematicamente i sondaggi sul tema mostrano come la percentuale di giovani che hanno provato sulla loro pelle questa violenza è sempre molto alta. (di Antonio Moscatello)