Una safehouse per i migranti sulla rotta Balcanica

L’Italia realizza la prima casa per richiedenti asilo

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Roma, 13 mag. – In un momento di crisi internazionale in cui gli occhi del mondo intero sono puntati sulla drammatica situazione in Ucraina, a dimostrazione che nessuno va dimenticato, è partito per la prima volta in Italia, un progetto che ha portato alla creazione di una safehouse per profughi nella città di Kakanj, in Bosnia-Erzegovina. Una realtà a sostegno dei migranti che ogni giorno affrontano la rotta Balcanica per raggiungere l’Unione europea, scontrandosi con una realtà altrettanto dura che prende il nome di “game”. Il progetto safehouse, modello di accoglienza alternativo ai grandi centri profughi, la prima casa che ospita richiedenti asilo è stata fortemente voluta da Caritas Bergamasca, ente capofila, Comune di Bergamo e CGIL Bergamo co-refenti del progetto, l’Ambasciata italiana in Bosnia, nonché le Acli, l’Arci e l’Anpi, e con il supporto di partner internazionali quali l’Ong Aternative – realtà di Kakanj che si occupa della gestione e dello sviluppo del progetto –, l’OIM e Caritas Bosnia- Erzegovina insieme a Caritas Italiana che, con i suoi operatori sul campo, sono impegnate nel monitoraggio delle fasi operative compresa la selezione dei beneficiari della casa a Kakanj, storicamente legata alla città orobica. La piccola abitazione, un trilocale che nel quartiere di KraljievaSutjeska a Kakanj, sarà destinata per un intero anno a un nucleo familiare di massimo sei persone richiedenti protezione internazionale, già ospitate all’interno dei centri di accoglienza temporanei in Bosnia Erzegovina. I beneficiari verranno selezionati da Caritas Bosnia e Italia tra una coppia di siriani di 60 anni, un’altra famiglia siriana e una irachena con figli. La safehouse si inserisce lungo il percorso dalle zone di VelikaKladusa fino a Trieste, dove molti profughi, come fossero pedine di un gioco, vengono fermati e rispediti in Croazia per poi essere respinti in Bosnia e costretti a riprendere il cammino verso l’Europa. Un viaggio pieno di insidie per circa 80mila migranti che, secondo i  dati della Commissione europea riguardanti le Statistiche sulla migrazione verso l’Europa, cercano di raggiungere l’Ue oltrepassando il confine croato-bosniaco che rappresenta l’ultima tappa. I campi profughi disseminati lungo il cammino arrivano ad ospitare circa 300 persone che cercano di soddisfare i loro bisogni primari prima di rimettersi in viaggio. Sono pochissimi coloro che decidono di provare a ricostruirsi una vita in Bosnia o creare legami con il territorio e la comunità.