Ricerca, i satelliti spia aiutano a ricostruire antichi paesaggi

Immagini ora declassificate nello studio guidato dalla Statale

MAG 24, 2022 -

Ricerca Roma, 24 mag. (askanews) – A partire dagli anni ’60 del secolo scorso, gli Stati Uniti misero a punto una rete di satelliti spia per fotografare dallo spazio a scopo difensivo territori non direttamente accessibili. Dopo oltre 50 anni, il governo americano sta progressivamente declassificando l’archivio delle immagini riprese dai satelliti CORONA ed Hexagon e le sta rendendo disponibili a tutti. Uno studio dell’Università Statale di Milano, condotto da Luca Forti e Andrea Zerboni del dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” con colleghi delle Università di Cagliari e Newcastle e pubblicato sulla rivista Earth Surface Processes and Landforms, ha dimostrato come queste immagini rappresentino uno strumento utilissimo per ricostruire i paesaggi del passato in aree dove l’eccessiva attività dell’uomo ha stravolto il naturale assetto geomorfologico. I ricercatori – informa la Statale – hanno preso spunto dalle ricerche che stanno conducendo nel Kurdistan iracheno analizzando come esempio il lago artificiale che si trova in prossimità della città di Mosul. Il lago si è formato a seguito dello sbarramento del fiume Tigri ottenuto con la costruzione, tra il 1984 e il 1986, di una diga che, anche recentemente, è stata protagonista di alcune vicende legate ai combattimenti nella regione. “Le immagini declassificate riprese dal satellite spia CORONA nel 1967 e nel 1968 sono servite per studiare l’assetto del fiume Tigri e la sua dinamica stagionale nella porzione ora inaccessibile perché sommerso dall’invaso artificiale”, spiega Luca Forti. Lo studio ha ricostruito le risposte del sistema fluviale del Tigri alle variazioni stagionali, permettendo di ricostruire le variazioni di portata tra la stagione delle piogge e quella arida, nonché di dimostrare come l’attuale forma del lago di Mosul ricalchi l’andamento fortemente sinuoso del fiume Tigri, a sua volta controllato dalla dinamica struttura geologica della regione. “Questo metodo – spiega Andrea Zerboni – apre nuove strade alla ricerca geomorfologica perché abbiamo dimostrato che le immagini nate a scopo di spionaggio come quelle del satellite CORONA permettono di ricostruire i processi geomorfologici naturali in regioni che hanno subito forti trasformazioni dovute all’espansione delle aree urbane ed antropizzate. Questo approccio ci offre, ad esempio, un nuovo strumento per identificare potenziale rischio geomorfologico per le infrastrutture umane, legate ad eventi parossistici – come le piene fluviali – che possono occasionalmente ripetersi nel tempo”.