Il James Webb Space Telescope è arrivato al punto lagrangiano L2

Nei prossimi mesi sarà pronto a scoprire i segreti dell'universo

GEN 25, 2022 -

Spazio Milano, 25 gen. (askanews) – Il telescopio spaziale James Webb Space Telescope (JWST) ha raggiunto la sua orbita finale attorno al punto lagrangiano L2, a circa un milione e mezzo di Km da noi, dove le forze d’attrazione di Terra, Luna e Sole si equilibrano a vicenda. Da lì scruterà il cosmo, più lontano e meglio di quanto non sia mai stato fatto finora, alla scoperta degli angoli più reconditi e misteriosi dell’universo. Ne rivoluzionerà la nostra comprensione, accogliendo fotoni infrarossi provenienti dalle più remote galassie e mostrandoci com’era quando aveva poco più di cento milioni di anni. Il telescopio, erede di Hubble, del quale è 100 volte più potente, promette di rispondere a domande ancora insolute sull’universo e contribuire a scoperte rivoluzionarie in tutti i campi dell’astronomia, dalla formazione di stelle ed esopianeti alla nascita delle prime galassie nell’universo primordiale. Ora che i 18 segmenti esagonali del suo specchio primario in oro e berillio da circa 6 metri e mezzo di diametro e lo specchio secondario sono stati dispiegati con successo, gli ingegneri inizieranno il complesso processo di allineamento dell’ottica del telescopio con una precisione quasi nanometrica; un’operazione che richiederà almeno 3 mesi di tempo. Il JWST è il telescopio più grande e potente mai lanciato nello Spazio, frutto della collaborazione tra NASA, ESA e Canadian Space Agency (CSA) con un importante contributo dell’Italia, grazie all’Asi (Agenzia spaziale italiana), all’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica) e all’industria aerospaziale. Nell’ambito dell’accordo internazionale, l’ESA ha fornito il servizio di lancio con il lanciatore Ariane 5 ed è stata responsabile dello sviluppo e della qualificazione degli adattamenti del lanciatore e del servizio di lancio da parte di Arianespace. L’Agenzia spaziale europea ha fornito anche il 50% dello strumento a medio infrarosso MIRI, in collaborazione con l’Università dell’Arizona e lo spettrografo a infrarossi NIRSpec (Near InfraRed Spectrograph), realizzato in parte dall’italiana Leonardo che ha fornito anche i 5 sensori stellari con cui il telescopio si orienta tra le stelle.