Carrozza: Cnr strategico per sviluppare ricerca e competenze

La presidente a Milano visita Human Technopole e Polo Cnr Segrate

GIU 11, 2021 -

Ricerca Roma, 11 giu. (askanews) – All’Italia mancano giovani ricercatori, l’Italia deve tornare a investire sulla ricerca e il Pnrr, un’occasione unica per rilanciare il nostro Paese, potrebbe segnare l’inizio di un ‘reinvestimento’ in ricerca. Almeno questo è l’auspicio di Maria Chiara Carrozza, dal 12 aprile scorso presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, prima donna a ricoprire questo incarico in quasi cento anni di storia del più importante centro di ricerca italiano. Un incarico di prestigio e di responsabilità che si aggiunge al suo lungo curriculum. Laureata in Fisica, Phd in Ingegneria presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ordinario di Bioingegneria industriale (ora in aspettativa) presso la Sant’Anna di cui è stata rettore per due mandati dal 2007 al 2013. Eletta alla Camera nella XXVII legislatura, tra il 2013 e il 2014 è stata ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca nel Governo Letta. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni e incarichi internazionali. Oggi Maria Chiara Carrozza è a Milano per visitare, oltre allo Human Technopole, il Polo Cnr di Segrate focalizzato sulla ricerca biomedicale che la presidente ha intenzione di rilanciare. Presidente, in 100 anni di storia del Consiglio nazionale delle ricerche lei è la prima presidente donna, nominata da una donna, il ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. È un segnale che qualcosa sta cambiando? “Sono particolarmente orgogliosa e onorata di essere stata nominata presidente del Cnr. Una cosa che mi fa piacere è anche di essere stata nominata dalla signora ministro Messa, prima di tutto perché la stimo e poi perché è una donna che nomina una donna: è un bell’evento e un simbolo dell’empowerment femminile, di quello che le ragazze possono ottenere come modello nella loro carriera”. Quello che invece sembra faccia fatica a cambiare è l’investimento del nostro Paese nella ricerca, di base e non solo. Di recente la Corte dei conti, nel referto sul sistema universitario 2021, ha evidenziato che rispetto al 2013 la fuga di “cervelli” è aumentata del 41,8% a causa delle limitate prospettive occupazionali con adeguata remunerazione per i giovani laureati. I ricercatori italiani hanno buoni risultati ad esempio nei bandi ERC, estremamente competitivi, ma poi magari sviluppano i progetti all’estero. Dove bisogna agire? “All’Italia mancano i giovani ricercatori, è necessario un grande investimento su questo, la libertà e la reputazione sociale di chi lavora nella ricerca in Italia – evidenzia la presidente del Cnr – non è sufficientemente tenuta in considerazione e così, purtroppo, sulla mobilità intellettuale registriamo un saldo passivo. Da noi manca la flessibilità che esiste in altri paesi, per esempio non esiste la cosiddetta ‘portabilità’ dei salari, che consente di compiere esperienze diverse. Il sistema di reclutamento dovrebbe diventare europeo”. Cosa si aspetta dal Pnrr? Pensa possa fare da traino per un’inversione di tendenza strutturale? “Quella del Pnrr è un’occasione unica per rilanciare il nostro paese e come Cnr dobbiamo mettere al servizio del paese la nostra eccellenza scientifica. Il piano prevede lo sviluppo di diversi settori e noi abbiamo numerose competenze in molteplici campi di ricerca, possiamo essere i partner ideali per sostenere questa grande sfida. Speriamo che il Pnrr sia l’inizio di un ‘reinvestimento’ in ricerca. Ma anche i ricercatori dovranno dimostrare di essere in grado di sostenere quest’ondata di sviluppo, dobbiamo meritarci le risorse che ci forniranno”. La pandemia di Covid-19 ha portato certamente a un’attenzione diffusa per la scienza, gran parte dell’opinione pubblica ha toccato con mano l’importanza della ricerca, l’impatto diretto che questa ha sulla salute, sulla vita stessa delle persone. Sarà così anche a pandemia superata oppure c’è ancora da lavorare su questo fronte? “Abbiamo imparato da questa pandemia che l’Italia deve tornare a investire nella ricerca. Tutti, per esempio, oggi capiscono l’importanza dei vaccini: ma il vaccino è un prodotto che si può sviluppare perché c’è prima una ricerca fondamentale in biologia molecolare, in immunologia, in virologia. Senza questa ricerca di base, libera, curiosity driven non avremmo il vaccino. Oggi mi trovo a Milano per due visite importanti, allo Human Technopole e al Polo Cnr di Segrate, quindi proprio nel settore biomedicale su cui voglio effettuare un grande rilancio nell’area milanese”. Il Cnr è il più grande ente di ricerca italiano, o meglio una galassia di enti di ricerca, ad alta vocazione multidisciplinare. Dopo un secolo di vita c’è qualcosa che a suo avviso va riformato? “Ci sono dei provvedimenti organizzativi e amministrativi immediati e importanti da eseguire, ma per entrare nel merito mi serve ancora tempo. Non ho ricette pronte. Dobbiamo misurare, valutare e comprendere. Il Cnr ha bisogno di attenzione, di riforme sostenibili e di risorse”. Quali obiettivi si è data per il suo mandato? “II Cnr può essere lo strumento strategico per sviluppare la ricerca e la competenza di cui il paese ha tanto bisogno in questo momento, come dicevo, e dobbiamo rispondere a questa chiamata. Dobbiamo capire il contesto e il posizionamento dell’Ente, analizzarne le potenzialità e provare ad immaginare un piano strategico di lungo periodo. La parte più stimolante per ora è quella di conoscere e contattare direttamente il ramificato sistema della nostra rete scientifica. Dobbiamo saper cogliere la fase che viviamo a partire da digitalizzazione e transizione ecologica”. (Luciana Papa)