Sissa, percezione del tempo trascorso è legata al senso del tatto

Uno stimolo tattile viene giudicato più lungo se è più intenso

FEB 10, 2021 -

Roma, 10 feb. (askanews) – La percezione del tempo trascorso è legata al senso del tatto. Il nuovo studio della SISSA ‘A sensory integration account for time perception’ appena pubblicato su PLOS Computational Biology ha mostrato per la prima volta questa connessione rivelando che uno stimolo tattile viene giudicato più lungo non solo quando oggettivamente dura di più ma anche se è più intenso.

“La sfida della comprensione del senso del tempo nelle neuroscienze sta, prima di tutto, nel fatto che non esistono recettori dedicati. Il passare del tempo è un’esperienza sensoriale costruita senza sensori specifici” afferma Mathew E. Diamond, direttore del Tactile Perception and Learning Lab della SISSA. “Si potrebbe immaginare un orologio preciso nel cervello, una sorta di cronometro che registra inizio e termine e calcola il tempo trascorso tra quei due istanti. Ma decenni di ricerca non hanno trovato alcun meccanismo cerebrale che assomigli a un cronometro. Abbiamo pensato che la comprensione dei sistemi sensoriali potesse essere la chiave per comprendere il senso del tempo”.

“Abbiamo addestrato uomini e ratti – spiega Alessandro Toso, dottorando della SISSA e primo autore dello studio (firmato anche da Arash Fassihi, Luciano Paz e Francesca Pulecchi)- a confrontare la durata di due vibrazioni tattili. L’indizio principale che porta alla nuova teoria è che la durata percepita di una vibrazione aumenta non solo in relazione al tempo effettivo trascorso, ma anche in relazione all’intensità della vibrazione. In altre parole, i soggetti (di entrambe le specie) sentono che una vibrazione più forte dura più a lungo.”

Il team – spiega la Sissa – ha quindi proposto un modello in cui l’esperienza del tempo trascorso che accompagna uno stimolo viene generata quando la rappresentazione neuronale dello stimolo stesso viene raccolta e sommata da un sistema paragonabile ad un accumulatore. Questo modello spiegherebbe entrambe le caratteristiche del senso del tempo: uno stimolo viene giudicato più lungo se lo è oggettivamente, ma anche se è più intenso, evocando così una risposta sensoriale maggiore. La plausibilità del modello è stata testata simulando la percezione del tempo che sarebbe emersa attraverso l’integrazione di picchi dell’attivazione neuronale reale registrati dalla corteccia sensoriale dei ratti che ricevevano lo stimolo vibratorio. È stata riscontrata una stretta corrispondenza tra la previsione del modello del tempo percepito e il tempo percepito effettivo per gli stessi stimoli.

Adesso la ricerca prosegue con l’identificazione dell’accumulatore. “Il nostro gruppo di ricerca si è interessato alla percezione tattile e alla memoria per molti anni” conclude Diamond. “A seguito di scoperte inaspettate, la nostra curiosità ha portato a una nuova linea di ricerca, la percezione del tempo. Questo ci mette in sinergia con Domenica Bueti, neuroscienziata della SISSA con un eccezionale track record nella percezione del tempo. Non vediamo l’ora di collaborare”.