Sulla formazione del Governo Fi e Lega in pressing su Meloni (che è prudente)

La premier in pectore nega ci sia un caso tecnico. Ma c'è grana Ronzulli

OTT 3, 2022 -

Roma, 3 ott. (askanews) – C’è chi, come il senatore di Fdi Giovambattista Fazzolari, papabile prossimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, continua a parlare come se Giorgia Meloni non fosse di fatto la premier in pectore, come se la composizione dell’esecutivo non fosse uno dei suoi primi compiti. “Si sta riflettendo su una serie di cose, posto che nessuno ha ancora una titolarità per fare nulla”, dice. E poi c’è chi, come Matteo Salvini, convoca un consiglio federale addirittura per “accelerare sulla squadra di governo”. In pratica per blindare una rosa di nomi, a cominciare dal suo, tra quelli che la Lega vuole siedano in Consiglio dei ministri. Non si tratta solo di una differenza di linguaggio, né solamente del desiderio della leader di Fratelli d’Italia di mostrarsi più preoccupata del caro energia e dell’autunno caldo che delle poltrone da occupare. Gli alleati vogliono avere voce in capitolo, vogliono evitare di ritrovarsi come è accaduto con Draghi, con ministri del proprio partito subiti e non scelti. Allo stesso tempo però Giorgia Meloni non vuole imposizioni e pretende che la squadra di governo non abbia sopra la scritta luminosa ‘fatta con il manuale Cencelli’. Insomma, da una parte si va in pressing, dall’altra si frena. Sia Silvio Berlusconi che Matteo Salvini hanno detto chiaramente di non volere un governo con troppi tecnici. Secondo alcuni quotidiani addirittura potrebbero essere addirittura 8-12. La diretta interessata smentisce che su questo punto ci sia un braccio di ferro. “Leggo cose surreali che poi dovrei commentare, consiglierei prudenza”. Tuttavia per Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, ci sarebbe “un problema numerico” di cui tenere conto a causa del taglio del numero dei parlamentari. “Troppe persone al governo che devono stare in Aula – spiega – rischiano di non garantire la serietà della maggioranza”. In ogni caso, assicura, “sarà un governo politico” composto da persone “di qualità”. In realtà, secondo la percezione che hanno gli uffici di palazzo Madama, non dovrebbero esserci grandi problemi di numeri. E tuttavia Giorgia Meloni ha da tempo deciso che alcune posizioni chiave vadano affidate a dei tecnici perché il profilo dell’esecutivo sarà il primo test che dovrà superare nello scenario internazionale. Per questo continua a sperare che Fabio Panetta, del board Bce, accetti di coprire il ruolo di ministro dell’Economia: sarebbe un biglietto da visita non da poco e anche il segno di un governo che non nasce per morire pochi mesi dopo. Se, sul fronte Lega, la premier in pectore deve soprattutto gestire le richieste di Matteo Salvini (sulla carta ancora il Viminale, ma le chance sono ridotte a zero), anche con Forza Italia sarebbe scoppiato un piccolo caso. Nell’incontro di Arcore di domenica, infatti, Berlusconi avrebbe sottoposto una rosa di nomi di sua fiducia – tra cui Bernini, Cattaneo e Barelli – spiegando di considerarne due assolutamente imprescindibili: Antonio Tajani e, soprattutto, Licia Ronzulli. Peserebbero però proprio le perplessità della premier in pectore. Per la senatrice molto vicina al Cavaliere si era parlato del ministero della Sanità. Ma a chi ha avuto modo di parlarci in queste ore, Ronzulli avrebbe spiegato di non aver mai chiesto per sé quel dicastero. Se tuttavia i dubbi della leader di Fdi dovessero permanere, il piano B per lei sarebbe quello di capogruppo al Senato. Bac/Int13