Pd-Leu-M5s (per ora) uniti: Quirinale non tocca al centrodestra

Il nodo Draghi. M5s: resti a Palazzo Chigi

GEN 19, 2022 -

Elezioni Quirinale Roma, 19 gen. (askanews) – Per ora nessun nome, meglio serrare le file e ribadire un concetto: il centrodestra non ha alcun “diritto” di indicare il prossimo capo dello Stato, gli schieramenti si equivalgono e nessuno tenti la “spallata”, perché salterebbero il governo e la legislatura. Il vertice Pd-M5s-Leu mette la sordina alle divisioni e prova a rimandare la palla nel capo degli avversari. Certo, raccontano, M5s rimane “problematico” sull’eventualità di eleggere Mario Draghi al Quirinale, “ma il problema è che loro sono problematici un po su tutto”, commenta un dirigente Pd. Ma Enrico Letta e Roberto Speranza, raccontano, avrebbero insistito innanzitutto sulla necessità di restare uniti, di evitare fughe in avanti, come appunto possono essere le indicazioni per Sergio Mattarella o per Liliana Segre che periodicamente filtrano dai gruppi M5s. La parola d’ordine è “restare uniti”, anche per evitare di regalare al centrodestra, o a qualcuno nel centrodestra, l’opportunità di giocare sulle divisioni tra Pd-Leu-M5s. Un invito solo parzialmente seguito, visto che fonti M5s hanno subito fatto filtrare la richiesta di “continuità dell’attuale governo”, che tradotto significa appunto: Draghi resti a palazzo Chigi. Un ragionamento al quale Pd e Leu rispondono con pragmatismo: non possiamo chiudere la porta al premier, primo perché guida il governo che sosteniamo e perché è una risorsa per il Paese da tutelare. Secondo, perché non si può escludere che la sua elezione sia un modo per evitare nomi improponibili da parte del centrodestra. Non a caso Enrico Letta, in una intervista a Huffington post subito dopo l’incontro, ha avvertito: “La protezione di Draghi deve essere l’obiettivo di tutte le forze politiche. È la risorsa fondamentale del paese e ci fa da scudo rispetto alle nostre debolezza, a partire dal debito. Di qui la necessità di fare tutto quello che è necessario per non sbagliare i prossimi passaggi. Non ce lo possiamo permettere”. Giuseppe Conte, ai cronisti, si è limitato a ribadire la linea ufficiale decisa al tavolo: “Avrete delle proposte più avanti, quando faremo il confronto anche con le altre forze”. Non è un mistero che il leader M5s spinga per individuare una candidatura, ma per ora ha accettato la linea della prudenza invocata dagli alleati. Di sicuro, ha aggiunto, “siamo pronti a offrire al paese un nome che rappresenta tutti”. Anche il bis di Sergio Mattarella, invocato da una parte dei 5 stelle, deve fare i conti con un dato oggettivo, come spiega un esponente di Leu: “Mattarella può tornare un’opzione solo se tutti i partiti convincono Draghi a restare a palazzo Chigi e il premier stesso chiede al capo dello Stato di fare un sacrificio. E, ovviamente, questo significa che tutta la maggioranza dovrebbe sostenere questa opzione, Lega compresa!”. Tutte condizioni che, allo stato, devono ancora maturare. Ma il grande timore del Pd e di Leu, soprattutto, è che il centrodestra sfrutti le lotte interne al Movimento 5 stelle per provare a spaccare i “giallorossi”. Per questo anche dal vertice di oggi è stato fatto uscire il messaggio su cui Letta insiste già da qualche giorno: “Basta messinscene – ha detto il leader Pd nell’intervista – i numeri sono numeri: in questo Parlamento, lo ripeto, nessuno ha diritto di prelazione. Non è con la strategia della spallata che si eleggerà il presidente. Questo diritto se lo è autoattribuito la destra con una logica di assalto al Colle che è già naufragato”. E il profilo, per essere chiari, non può essere quello di un uomo “di centrodestra”, tutti devono capire che “serve un accordo su una personalità in linea con quel che ha rappresentato Mattarella”. Inutile tirare in ballo le candidature di Prodi, a quel tempo non c’era un governo di unità nazionale, oggi invece sì. E anche il bis di Napolitano nacque di fatto dalla richieste delle stesse forze che poi accettarono di sostenere il governo Letta, solo la Lega restò fuori. La maggioranza per il Quirinale, insomma, anticipò quella di governo e fu più larga. Impensabile fare il contrario, come ha ribadito il segretario Pd oggi: “Ho sempre pensato che (la maggioranza di governo e quella che elegge il capo dello Stato, ndr) debbano coincidere e, semmai, quella del Quirinale debba essere più larga, non più stretta”. Questo ragionamento ha un corollario chiaro: se si rompesse la maggioranza di governo sul Quirinale sarebbero inevitabili le conseguenze sull’esecutivo e sulla legislatura. Ma, proprio per questo, è fondamentale innanzitutto che la coalizione “giallorossa” non offra spiragli ad eventuali blitz di Matteo Salvini, magari giocati di sponda con Matteo Renzi. Serve unità, ha insistito Letta, e per dare un messaggio di compattezza i tre leader hanno deciso anche di pubblicare lo stesso identico tweet dopo l’incontro. Per ora il fronte regge, si vedrà se resisterà alla prova dei voti.