Siragusa: nel mondo le comunità italiane hanno tanti volti

Sport, cultura, cibo: ecco cosa abbiamo in comune. I Comites? Sconosciuti

OTT 15, 2021 -

Italiani all'estero Roma, 15 ott. (askanews) – L’estate sportiva è stata ricca di successi per l’Italia, dagli Europei di calcio alle Olimpiadi e Paralimpiadi, alla pallavolo e al ciclismo. Abbiamo chiesto ad alcuni parlamentari eletti all’estero di partire dai tricolori che abbiamo visto sventolare per le strade di tanti Paesi, per raccontare i legami fra le comunità di connazionali nel mondo e la nostra comune terra di origine. Ma anche di spiegare quanto sono importanti le elezioni dei Comites, in programma a dicembre. Questo è quello che ci ha risposto Elisa Siragusa, deputata del gruppo misto eletta nella ripartizione Europa. A proposito dell’effetto dei successi sportivi sui connazionali ‘non credo – ha spiegato – esista una risposta unica, valida per tutte le comunità. Per prima cosa dovremmo infatti definire chi sono i nostri connazionali, che cosa intendiamo quando parliamo di loro. Si parla spesso infatti di ‘italiani all’estero’, e della loro imponente consistenza numerica (sei milioni): ma non si riflette su chi siano davvero. Ad esempio, nel Regno Unito esiste una grande comunità italo-bengalese, composta di circa 20mila persone: persone che, arrivate nel nostro Paese dal Bangladesh, hanno ottenuto la cittadinanza italiana, e sono poi emigrati sull’isola britannica. Nell’immaginario comune si dà per scontato che gli italiani all’estero siano persone emigrate recentemente, in genere per motivi di lavoro o di studio. Sono invece una realtà eterogenea: ci sono i connazionali emigrati all’estero; ci sono i figli di immigrati, nati all’estero; ci sono cittadini stranieri diventati italiani grazie ad una lontana parentela con un avo emigrato dal Bel Paese un secolo e mezzo fa; ci sono stranieri naturalizzati italiani poi tornati al proprio paese di origine, o emigrati in un paese terzo; e c’è infine tutta la discendenza italiana di questi ultimi, oltre ad eventuali consorti diventati anch’essi italiani per matrimonio. A riguardo, bisogna ricordare che solo poco più di metà degli iscritti AIRE sono italiani emigrati. È quindi ovvio che la reazione degli ‘italiani all’estero’ ai successi sportivi della scorsa estate sia strettamente legata al tipo di legame che ogni singolo concittadino intrattiene con il nostro Paese’. D. Lo sport e il tricolore sono simboli elementari, immediatamente riconoscibili. Ma quali sono a suo giudizio gli altri elementi, che siano affettivi e culturali o politici ed economici, che legano al nostro Paese milioni di italiani sparsi nel mondo? R. Anche in questo caso, la risposta non può essere una. Per alcune persone il legame col nostro Paese si limita, esclusivamente, al possesso del passaporto italiano (e quindi europeo); passaporto che, come sappiamo tutti, comporta moltissimi vantaggi. Torno spesso su questo argomento, perché credo sia di fondamentale importanza per avere una corretta comprensione di quel vasto tema che sono, appunto, gli ‘italiani all’estero’. Tuttavia, in linea generale, sicuramente ci sono moltissimi elementi che legano al nostro Paese i tanti italiani sparsi per il mondo. Prima di tutto ci sono gli elementi affettivi: è in Italia che lasciamo i genitori, i fratelli, gli amici. Altri elementi sono sicuramente culturali: la musica e – sembra scontato dirlo – il cibo. Non ho mai conosciuto un italiano emigrato all’estero che non abbia dichiarato almeno una volta di sentire la nostalgia del cibo italiano. O che non abbia almeno una volta viaggiato con una valigia piena di prodotti tipici del nostro Paese. D. Quali iniziative si potrebbero avviare per rinsaldare questi legami e quali vantaggi ne trarrebbe il nostro Paese? R. Dove c’è un italiano emigrato, c’è in qualche maniera una richiesta di Italia, una richiesta di casa. Questo significa una richiesta di cultura italiana, una richiesta di cibo italiano, una richiesta di prodotti italiani. Non è un caso che dove ci siano grandi comunità di nostri connazionali ci sia anche un importante flusso di export di prodotti nostrani. A riguardo, bisogna menzionare i Comitati degli italiani all’estero, che tra i loro i compiti hanno proprio quello di rinsaldare e mantenere questi legami: i Comites hanno infatti il fine di ‘favorire l’integrazione dei cittadini italiani, nella società locale e di mantenere i loro legami con la realtà politica e culturale italiana’, nonché ‘promuovere la diffusione della storia, della tradizione e della lingua italiana’ (art. 2, comma 4, della Legge 23 ottobre 2003, n. 286). D. A fine anno si vota per il rinnovo dei Comites. In che misura questa scadenza è nota nelle comunità dei connazionali, quanta partecipazione suscita? R. Nelle elezioni del 2015 la partecipazione effettiva è stata del 4,46% della platea degli aventi diritto. C’è chi vorrebbe far credere che la scarsa partecipazione alle elezioni dei Comites sia dipesa dall’inversione dell’opzione di voto. Io penso che dipenda dal fatto che, a 36 anni dalla loro istituzione, sia ancora necessario spiegare agli italiani all’estero cosa siano, cosa facciano, e perché esistano i Comitati. Fatte queste premesse, non possiamo non contestualizzare quei dati: ricordando come la partecipazione degli italiani all’estero sia sempre stata relativamente bassa. Alle elezioni politiche del 2018, ad esempio, hanno partecipato circa il 30% degli elettori. Alle Europee del 2019, meno dell’8%. Le ragioni di ciò vanno in parte ricercate nell’eterogeneità della composizione degli italiani all’estero – come accennavo in precedenza -, e in parte nella, pura e semplice, volontà di non partecipare ai vari appuntamenti elettorali. Il partito dell’astensionismo è, d’altronde, in crescita anche in Italia, là dove le decisioni prese dal legislatore influenzano direttamente la vita dell’elettore. È quindi comprensibile che sia ancora più forte all’estero, dove di fatto le vite dei nostri connazionali sono influenzate maggiormente dalle politiche del Paese in cui risiedono. Detto questo, credo che la Farnesina stia facendo il possibile per promuovere le elezioni di rinnovo dei Comites. Ma non dobbiamo scordarci che tali promozioni passano anche da giornali editi e diffusi all’estero per i quali, ogni anno, vengono spesi milioni di euro. Se questi giornali non riescono a raggiungere i nostri connazionali, allora bisognerebbe interrogarsi sull’effettiva capacità informativa degli stessi. Viceversa, dovremmo accettare il fatto che i nostri connazionali siano stati sì raggiunti dalla campagna informativa del MAECI: ma abbiano liberamente deciso di non partecipare. D. In base alla sua esperienza, quanto sono importanti questi organismi per gli italiani nel mondo, e come si potrebbe valorizzare il loro ruolo, soprattutto ora che la riforma costituzionale, in occasione delle prossime elezioni, consentirà una rappresentanza ridotta alla Camera e al Senato? R. Ogni volta che incontro un italiano residente all’estero gli chiedo: ‘Conosci i Comites?’. La risposta è sempre negativa. MI piacerebbe che la Farnesina avviasse una seria indagine statistica fra le nostre comunità per comprendere il reale livello di conoscenza (e quindi di utilità) di questi organismi. L’importanza dei Comitati si misura in questo modo. Al momento dobbiamo essere onesti e ammettere che i Comites, a 36 anni dalla loro istituzione, sono purtroppo ancora sconosciuti alla maggioranza degli italiani all’estero: e quindi, ribadisco, a loro poco utili. I Comitati rischiano inoltre di essere anacronistici: concepiti e istituiti in un altro momento storico, per un altro tipo di emigrazione rispetto a quella attuale. Ciononostante, reputo ci siano ancora margini di miglioramento per rendere questi organi davvero utili per le comunità. A mio avviso potrebbero svolgere un fondamentale ruolo di intermediazione tra cittadini e istituzioni; ciò anche alla luce della riduzione del numero di parlamentari eletti all’estero. Per questo motivo ho depositato una proposta di legge per chiedere l’istituzione di un congresso dei presidenti dei Comites, da convocare alla Farnesina una volta all’anno. Tale organismo potrebbe adempiere a una funzione di collegamento, diretta, tra tutte le comunità italiane all’estero e il Ministero: sarebbe così valorizzato il ruolo dei Comitati.