Comisi (Disability Pride): ministero ad hoc è un segnale positivo

Servono risposte mirate e "quote H" in politica e in tv

FEB 18, 2021 -

Roma, 18 feb. (askanews) – Avere un ministro della disabilità “è un segnale positivo”. Carmelo Comisi è una voce fuori dal coro delle persone con disabilità che, soprattutto a sinistra, hanno criticato la nomina di un ministro ad hoc nel neonato governo Draghi. Sarebbe una scelta non inclusiva ma ghettizzante secondo Jacopo Melio, Laura Coccia, Ileana Argentin, solo per citarne alcuni. Invece Comisi, 38 anni, presidente del Disability pride, tetraplegico in seguito a un incidente, ha un approccio più realista: “Quello di Melio è l’approccio di una persona già proiettata secoli avanti, in un mondo o in un’Italia del 2500 dopo Cristo perché sì, questo è quello che vogliamo, essere cittadini tra i cittadini, ma vista la condizione di arretratezza in cui è stato tenuto il mondo della disabilità c’è bisogno di qualcosa di particolare che se ne prenda cura non solo in maniera ideologica ma che interloquisca con tutti gli ambiti della società”.

Secondo Comisi, “è un segnale positivo avere un ministero per determinate questioni che finora sono state in coda all’agenda politica. Purtroppo come abbiamo visto già nel governo Conte I il ministro della disabilità, quel particolare ministro della disabilità (il leghista Lorenzo Fontana, ndr), nonostante un sottosegretario con disabilità che apparteneva a M5s (Vincenzo Zoccano, ndr) non è che abbia così tanto curato gli interessi delle persone con disabilità”.

D. La strada è lunga. R. “Dalla rivoluzione francese al voto plebiscitario sono passati più di cento anni. Ci sono secoli di arretratezze sulla disabilità quindi non dall’oggi al domani la situazione può cambiare in maniera radicale. Il ministero della Disabilità è un passo importante che dovrà portare a qualcosa di concreto non certo a un ministero che è soltanto nominale, che a volte c’è e altre volte non c’è. Una figura del genere incomincerebbe a incidere se avesse un ministero articolato, con dirigenti e persone esperte”.

D. Cosa vuol dire che, come nel Conte I, anche questa volta il ministro della Disabilità è un leghista? Ieri Fontana, oggi Erika Stefani. R. Diversi partiti, almeno pro forma, continuano ad essere attenti alla questione. Il Pd ha avuto rappresentanti con disabilità, ricordiamo Gianfranco Paglia in Fdi, Lisa Noja in Italia Viva. Questo significa far vedere che si fa qualcosa per il mondo della disabilità ma dare una risposta adeguata è un’altra cosa. La Lega parla di disabilità perché individua i bisogni della gente, i timori, e di questo se ne fa forte. Con ciò non voglio dire che abbia dato una risposta adeguata, l’ho visto con Fontana, mi auguro di non vederlo con la ministra Stefani, ma noi attivisti del mondo della disabilità sappiamo che la questione non è ben maneggiata dai politici. Io auspico che si arrivi ad avere dei rappresentanti, non necessariamente persone con disabilità, ma che si curino delle dinamiche di questo mondo, in ogni partito, che questi abbiano ampio spazio nei talk show mentre non se ne parla mai e che la gente possa valutare quali siano le risposte adeguate da dare al 10% della popolazione italiana, 6 milioni di italiani e a tutto l’indotto di famiglie, operatori e così via.

D. Sarebbero utili delle quote dedicate? R. Faccio un esempio. Le quote rosa sono un segnale della politica, delle aziende di attenzione all’inclusione dell’universo femminile nel mondo del lavoro. Rapportiamo una cosa del genere al mondo della disabilità. Perché non pensare a delle quote H? Non solo in politica ma anche nelle aziende e in televisione.

D. Se fossi tu il ministro cosa faresti? R. Intanto avrei già preso accordi con chi mi ha nominato, mi sarei circondato delle persone più preparate in materia. Il mondo della disabilità è così vasto e variegato…ecco perché torno alla necessità di un ministero come dicastero, come struttura con dirigenti. E’ un tema che non si può affrontare semplicemente. Se fossi ministro quindi mi metterei le mani nei pochi capelli rimasti…

D. Il ministro della disabilità dovrebbe essere una persona con disabilità? R. Competente nella disabilità non significa necessariamente avere una disabilità. Melio ha una disabilità, io ho una disabilità, grazie al cielo né io né Iacopo abbiamo tutte le disabilità. Ognuno conosce bene la sua situazione, abbiamo un’attenzione privilegiata alle tematiche del mondo della disabilità ma non ci possiamo ritenere esperti. Quando si parla di rispetto delle quote rosa non penso tutti sarebbero d’accordo se la totalità dei ministri fossero Santanché o Meloni. Non è una questione tanto di genere o di categoria quanto di impegno su determinate questioni. Cambia poco per fare un altro esempio che il ministro del sud sia siciliano o lombardo, l’importante è che abbia attenzione per lo sviluppo del Sud.

D. Cercherete dialogo con la ministra? R. Lo abbiamo cercato in occasione del Conte I con Fontana, abbiamo avuto disponibilità di qualche colloquio con il sottosegretario Zoccano che ha partecipato anche al secondo Disability pride e, rispetto al governo precedente, è stato un segnale perché del governo precedente non si era presentato nessuno. Quest’anno la nostra manifestazione si tradurrà in tre giorni, non sappiamo in che situazione ci troveremo per via della pandemia ma inviteremo tutti i gruppi parlamentari e ci farà piacere e lo riterremmo un segnale positivo se la ministra Stefani volesse partecipare anche solo come uditore anche perché non ci piacciono le passerelle. Sarebbe una testimonianza ma ancor di più ci piacerebbe avere risposte: dunque se lavora bene e non partecipa al Disability pride siamo anche più contenti.

D. Il Disability pride nasce con l’idea di creare una rete che faccia diventare il Pride delle persone disabili come il Pride del mondo LGBTQ+. R. Cerchiamo di parlare alla società intera perché comunque anche le persone che una disabilità in questo momento non ce l’hanno possono avercela tra qualche anno, se gli va bene ce l’avranno quando saranno anziani. Con la sanità che migliora sempre di più le persone disabili dalla nascita vivono di più. E un conto è che siano relegate ai margini, un conto è che siano aiutate ad avere una parte nella società. Il mondo della disabilità va studiato: se devi affrontare il mare magnum della disabilità non puoi farlo con le cazzate ideologiche e neanche dicendo ‘ho speso tanto’. Dipende da come spendi le risorse quindi prima studiaci. Inoltre è importante avere dei numeri, sapere ad esempio quanti tetraplegici ci sono e quanti di questi studiano e poi non lavorano. Sono le risposte mirate quelle che servono nel mondo della disabilità. Non puoi dire “il disabile”, non significa nulla. È come il bagno per i disabili. Che significa? Il cieco non ha bisogno del bagno fatto in quel modo, uno che ha una carrozzina piccola entra nel bagno anche se è piccolo, io ho il carrozzone entro nel bagno più grande, a me il maniglione non serve perché mica mi devo reggere. Il bagno per la disabilità non serve, servirebbe il bagno per tutti, il bagno di una certa ampiezza perché ci vadano tutti.