Coronavirus, Sangregorio (Usei): ora coronabond e piano Marshall

Italia sempre nel nostro cuore, vissuto con dolore quanto accaduto

APR 17, 2020 -

Roma, 17 apr. (askanews) – Abbiamo rivolto una serie di domande ai deputati e senatori eletti all’estero sull’emergenza coronavirus, in particolare in relazione all’impatto e alle reazioni registrate nelle comunità italiane nel mondo. Questa è l’intervista a Eugenio Sangregorio (Misto-Usei), residente in Argentina, eletto nella ripartizione America meridionale. “Serve un piano Marhall, creare i coronabond senza farsi influenzare dall’Europa”, è la convinzione del deputato italoargentino.

D. Il pianeta è stato investito dal coronavirus in tempi diversi e con impatti finora non omogenei in tutti i continenti. Nella ripartizione dalla quale è stato/a eletto/a qual è la situazione, quali sono le aree di contagio che preoccupano maggiormente a circa un mese dalla dichiarazione ufficiale di pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms)?

R. “Anche il Sud America è stato colpito dal virus, in modo più lento e meno forte dell’Italia. In Brasile, Argentina, Bolivia, Cile, Venezuela, Equador e Messico ci sono stati parecchi contagi, ma meno rispetto a quello che è accaduto in Italia o in altre zone. E’ necessario capire se tutti i dati che abbiamo siano completamente attendibili, perché parliamo di Stati con zone vastissime di superficie, e non tutti accessibili al cento per cento dalla comunicazione”.

D. Restando alla ripartizione della sua elezione, quali sono state le risposte più diffuse da parte dei governi delle varie nazioni? Provvedimenti di chiusura assimilabili a quelli italiani, o anche più drastici, sono stati adottati?

R. “Per quanto riguarda L’Argentina il nostro presidente Alberto Fernandez, vedendo cosa stava accadendo in Italia, ha deciso di chiudere parte del Paese proprio per evitare la stessa pandemia, non ha usufruito dell’esercito come avevano fatto in passato. Questo significa quanto il Governo italiano sia preso in considerazione da noi. Il Brasile ha avuto qualche problema in più infatti il presidente Jair Bolsonaro, minimizzando il coronavirus non voleva chiudere i brasiliani in casa e per questo ha creato parecchi malumori con i propri governatori. Il Brasile ha una estensione pari a 27 volte l’Italia, in proporzione i contagi sono stati bassissimi compresi i morti .Per Bolsonaro – ha aggiunto – il sistema produttivo brasiliano non poteva essere messo in quarantena. Anche se poi per fortuna ha cambiato idea. Il Cile è stato messo in emergenza ha strutture pubbliche sanitarie completamente inadeguate il Presidente Sebastian Pinera ha dichiarato lo stato di emergenza per 90 giorni, e il coprifuoco notturno dalle 22 alle 5. Peraltro ha spostato al prossimo 25 ottobre il prossimo referendum costutuzionario. In Perù il presidente Martin Vizcarra ha usato la mano pesante, dice di aver arrestato circa 16 mila cittadini che non hanno rispettato l’isolamento sociale. In Bolivia fino al 15 aprile poteva uscire solo una persona per nucleo familiare per fare la spesa nelle prime ore della mattina. In Venezuela il presidente Nicolas Maduro ha esteso il livello adi allerta per altri 30 giorni. L’Ecuador è uno dei paesi più colpiti e anche lì c’è il coprifuoco dalle 14 alle 17 e nella mattinata le uscite sono scaglionate sulla base del numero della carta d’identità. Una situazione difficile ovunque”.

D. L’Italia è una delle nazioni più colpite al mondo, e l’emergenza da noi ha preceduto in molti casi la diffusione dell’epidemia in altre zone. In che modo le comunità italiane con le quali Lei è in contatto hanno vissuto le notizie drammatiche che arrivavano dall’Italia nelle scorse settimane?

R. “Come ho sempre detto noi immigrati siamo fortemente patriottici, l’Italia è sempre nel nostro cuore, abbiamo vissuto con grande dolore quello che è accaduto, anche perché molti di noi hanno ancora parenti. Nel mio caso specifico sono molto legato al nostro Paese, ho due sorelle e tanti nipoti che vivono in Calabria. Peraltro come parlamentare italiano ho sentito molto anche la responsabilità di tenere aggiornate quotidianamente le varie comunità italiane. Ho mantenuto contatti giornalieri con i colleghi onorevoli, per sapere ogni novità anche da parte del Governo, e qui ho avuto modo tramite i mass media e i social di informare in tempo reale di quello che accadeva e sta accadendo in Italia”.

D. Quali sono adesso i maggiori problemi che gli italiani nel mondo stanno vivendo di fronte al diffondersi della malattia anche nei Paesi in cui vivono? E in che modo lo Stato italiano li può supportare?

R. “Sicuramente in alcune zone come in Equador, in Cile in Venezuela mancano i sostentamenti, le strutture sanitarie sono inadeguate, peraltro sono zone che nei mesi scorsi hanno avuto guerriglie interne, perciò sono già scossi da una situazione economica- politica molto devastante. Il lockdown peraltro creerà maggiori disagi economici. Sicuramente in Paesi come i nostri non è facile la vita le differenze sociali sono molto forti, i problemi per la maggior parte sono e saranno economici. A noi servono aiuti per le persone che hanno perso tutto che ora si trovano in uno stato di indigenza. L’Italia dovrebbe investire 100 miliardi di euro per gli aiuti agli imprenditori italiani e favorire l’esportazione e far ripartire l’economia. Ora più che mai serve un piano Marhall, creare i coronabond senza farsi influenzare dall’Europa. Solo così lo Stato italiano potrà aiutare tutti i cittadini sia in Italia che all’estero”.