Legalità, Ruffini: funziona solo se c’è cambiamento culturale

"Dobbiamo tutti provare a cambiare con i nostri comportamenti"

DIC 5, 2022 -

Milano, 5 dic. (askanews) – “La legge da sola non basta. La legalità può in qualche modo garantire il principio di uguaglianza, aiutare i più deboli, essere una regola a cui tendere, ma senza un cambiamento culturale che precede la legge, non ci sarà legge che tenga. La legalità funziona solo se c’è un cambiamento culturale che può nascere soltanto se lo si coltiva insieme”. E’ questo il messaggio lanciato da Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo all’evento per la posta a dimora de “La Talea di Falcone”, pianta simbolo della lotta contro la criminalità organizzata, alla “Cittadella Cielo” di Frosinone, sede centrale della Comunità intenzionale di diritto pontificio “Nuovi Orizzonti”. “Oggi viviamo in un mondo tutto sbagliato: guerre, cambiamenti climatici, desertificazione, inquinamento ambientale”, ha osservato Ruffini richiamandosi alle parole di uno scrittore “non credente” come Italo Calvino: “Ci sono due modi per vivere nell’inferno del mondo: o accetti l’inferno così com’è e ne diventi parte oppure devi cercare nell’inferno quello che inferno non è, farlo vivere, dargli spazio ed essere noi stessi semi di qualcosa di nuovo. Ecco, piantare una talea vuol dire questo: noi stessi seminando il bene raccoglieremo il bene”. E’ lo stesso Papa Francesco a evidenzialo nell’enciclica Laudato Si’: “Il bene mio – ha spiegato ancora il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede – sta nel bene nell’altro. Siamo abituati tutti, e forse in particolare la mia generazione, a pensare e insegnare che in realtà il bene viene dal possesso di qualcosa che è solo mio, e quindi cosa ci importa di quello dell’altro. Non è così. Il bene se non è comune non è neppure più il mio bene”. Un principio che, secondo Ruffini, non può e non deve essere limitato alla sfera della religione: “Questo credo debba essere anche il senso più profondo della giustizia. Invece siamo abituati a un rispetto formale della legge, più che a un rispetto sostanziale che ci fa essere parte di un destino comune”. Anche sul fronte economico, “esiste un’economia tutta sbagliata, tutta fondata sul male più che sul bene. C’è qualcosa di sbagliato, c’è un’aritmetica in cui i conti non tornano se poi pensiamo che comune sia solo la somma di tanti interessi individuali che non tengono conto dell’interesse collettivo di tutti noi”. Ecco, dunque, l’invito lanciato dal Santo Padre nella sua enciclica Laudatò Si’: “Il cambiamento non appartiene ad altri, ma ad ognuno di noi, nei piccoli e nei grandi gesti. Dobbiamo tutti, attraverso i nostri comportamenti, provare a cambiare. Non possiamo vivere assolvendoci dalle responsabilità che abbiamo pensando che siano tutte responsabilità degli altri. Bisogna capire che ciò che abbiamo davanti è frutto anche dei nostri comportamenti o delle nostre omissioni e che qualsiasi momento è buono per cambiare”.