Nunzio in Congo: “Papa a Kinshasa per la pace, nel nome di Attanasio”

Mons. Balestrero: "Non rassegnarsi alla guerra, favorire riconciliazione"

GEN 24, 2023 -

Roma, 24 gen. (askanews) – Un “pellegrinaggio” in uno dei “santuari del dolore” del mondo; una visita per “cicatrizzare le ferite” e “condannare i massacri”. Un’occasione per “riaccendere i fari del mondo sul Congo”, una terra martoriata da una guerra guidata da interessi economici. E dove l’Italia è impegnata a sostenere il processo di pace: “Lo deve per onorare il sacrificio di Luca Attanasio”. Intervista a tutto campo del Nunzio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo, monsignor Ettore Balestrero, che si appresta ad accogliere Francesco in terra africana. In Repubblica democratica del Congo un Papa mancava da 37 anni. Che significato assume il viaggio di Francesco nella Repubblica Democratica del Congo, Paese dove si registra una delle più complesse e più lunghe crisi umanitarie al mondo? “E’ una sorta di ‘pellegrinaggio’ in uno dei ‘santuari del dolore’ del nostro mondo. Nella persona del Papa – afferma mons. Balestrero ad askanews – è un segno di rispetto e di solidarietà di tutta la Chiesa. Per la Chiesa in Congo, il viaggio è un’occasione privilegiata per approfondire la propria identità e missione; l’occasione di ricevere dal Pontefice un orientamento fondamentale per il cammino che essa deve percorrere nei prossimi anni; l’occasione di divenire più autenticamente profetica, perché testimone più trasparente e convincente di Cristo in un Paese dove ci sono ancora molte ferite che sanguinano abbondantemente. E non solo in senso figurato. Il Papa desidera ‘cicatrizzare’ tali ferite, condannare i massacri che continuano ad essere perpetrati, vuole chiedere perdono a Dio per tutta questa violenza. Il Papa si rivolgerà a tutti i congolesi, perché la visita non è rivolta solo ai cattolici ma a tutta la popolazione, e vorrei che ogni congolese si sentisse ‘visitato’ dal Papa”. Per il Nunzio, Francesco inviterà l’intero popolo congolese “a ‘girare pagina’, ossia a far confluire il ‘fiume in piena’ di odio e di male, che attraversa tutto il Paese, proprio come il fiume Congo, in un grande ‘mare’, che riconosce la necessità di fare giustizia, ma che si apre pure alla riconciliazione. Riconciliarsi significa credere nel futuro e non concentrarsi solo sul passato; vuol dire scommettere sulla pace piuttosto che rassegnarsi alla guerra; vuol dire sforzarsi di costruire il futuro ‘insieme’ agli altri e non ‘contro’ di loro”. Il Papa sarà a Kinshasa ma non a Goma, a causa del conflitto ripreso negli ultimi mesi nella regione orientale del Paese. “Il Papa non andrà a Goma, ma Goma e in un certo senso tutto l’est andranno dal Papa, perché incontrerà una rappresentanza delle vittime dell’est del Paese – risponde mons. Balestrero -. La sicurezza sarà gestita dalle forze locali, in coordinamento con la Gendarmeria vaticana. Molto cammino è stato percorso, anche se innegabilmente resta ancora da fare e non tutto si può raggiungere. Alcuni eventi rappresenterebbero una sfida gigantesca per qualunque amministrazione, sotto il profilo della sicurezza e della logistica. Alla S. Messa pubblica si potrebbe addirittura arrivare a 2 milioni di persone. C’è una grande effervescenza; l’emozione e l’interesse crescono, di giorno in giorno”. Quali sono le aspettative nutrite dalla popolazione in vista dell’arrivo del Pontefice? Quale importanza assume la sua visita nel difficile percorso del Paese verso la pace? “La popolazione è felice, al di là delle appartenenze confessionali. I fedeli cattolici vogliono imparare a dare più spazio a Dio e a vivere con coerenza. Così la pace – sottolinea il Nunzio – non sarà solo un sogno, ma potrà diventare realtà. La visita è una grande occasione per invitare tutti i Congolesi a collaborare insieme, con metodo e con responsabilità, a costruire il futuro. E’ uno sforzo che essi non possono delegare a nessun altro. D’altra parte, la popolazione desidera comprensibilmente che la visita ‘riaccenda i fari’ del mondo sul Congo, che lo faccia riscoprire e considerare come un”urgenza morale’ da non dimenticare e nemmeno trascurare e non come ‘un problema’ che si trascina”. Negli ultimi mesi è ripreso il conflitto nella regione orientale del Paese, dove venne ucciso l’ambasciatore Attanasio, e il processo negoziale mediato dall’Angola non sembra al momento favorire pace e disgelo tra Kinshasa e Kigali. Qual è il suo giudizio sulla situazione e quale ruolo Italia e Ue stanno svolgendo? “L’Ambasciatore Attanasio era un amico, che avevo conosciuto bene qui a Kinshasa. Non lontano dal luogo dove è stato ucciso – conclude mons. Balestrero – il Papa doveva celebrare la S. Messa. Adesso, però, quel punto è attraversato da una frontiera invisibile fra il territorio occupato dal M23 e quello controllato dall’esercito congolese. La situazione all’est della RDC è veramente preoccupante e il conflitto appare quasi cronico. La ricchezza straordinaria del sottosuolo è la ragione fondamentale dell’importanza strategica dell’est per l’intera regione dei Grandi Laghi, ma direi anche per il mondo, ed è la causa principale dell”economia di guerra’ instauratasi in quella zona. La RDC è la ‘Terra Promessa’ dei minerali strategici per la transizione ecologica: cobalto, coltàn, litio, rame, ecc. Ma questa ‘benedizione’ rischia di trasformarsi in una ‘maledizione’, a causa della cupidigia e della corruzione, ma anche dell’assenza delle istituzioni e degli indugi o degli interessi di vari attori strategici, all’interno e all’esterno del paese. L’Italia, insieme con l’UE, appoggia i processi di pace di Nairobi e di Luanda e chiede che gli impegni adottati siano effettivamente rispettati. Si preoccupa delle popolazioni civili e chiede che si intraprenda un vero cammino di pace. Lo dobbiamo raggiungere anche per rispetto dell’Ambasciatore Attanasio e del suo sacrificio!”. (di Serena Sartini e Simona Salvi) Ssa-Sim