Ucraina, la Russia si ritira da Kherson, ma Kiev non si fida

Podolyak: "Le azioni parlano più forte delle parole"

NOV 9, 2022 -

Milano, 9 nov. (askanews) – Si tratta di un bluff o di una delle ritirate più significative per la Russia e un potenziale punto di svolta dopo quasi nove mesi di guerra in Ucraina? Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha dato l’ordine alle forze russe di lasciare la riva del fiume Dniepr nella regione ucraina di Kherson, che comprende l’omonimo capoluogo di regione, bersaglio di una vasta controffensiva ucraina. “Procedere con il ritiro dei soldati”, ha detto in un filmato trasmesso dalla televisione russa, dopo una proposta in tal senso del comandante delle operazioni russe in Ucraina, il generale Sergei Surovikin, che ha riconosciuto che è stata una decisione “per niente facile” da prendere. Ma necessaria. “Capisco che è una decisione per niente facile da prendere tuttavia noi conserviamo la vita – cosa più importante – dei nostri soldati”, ha aggiunto. Restare sulle posizioni sarebbe “inutile”. Parole che contraddicono la fama di “sanguinario” di cui gode Surovikin, indicato spesso come il “macellaio di Putin” dalla stampa occidentale. Comunque Shoigu si è detto completamente d’accordo. “Procedi al ritiro delle truppe attraverso il fiume Dniepr”, ha detto. “La vita e la salute dei militari russi sono sempre una priorità” ha aggiunto il ministro, secondo le parole trasmesse dalla tv russa, che oggi ha mostrato ripetutamente una visita del presidente russo (e comandate supremo delle forze russe) Vladimir Putin a un centro di riabilitazione. La ritirata è stata tuttavia salutata da Kiev come una messinscena dei russi. Il consigliere del presidente dell’Ucraina Mikhailo Podolyak ha scritto su Twitter che è troppo presto per parlare del ritiro delle truppe russe da Kherson. Podolyak ha dichiarato che l’Ucraina non presta attenzione alle dichiarazioni russe. “Le azioni parlano più forte delle parole”, le forze armate di Kiev stanno lavorando secondo il loro piano: intelligence, valutazione del rischio, contrattacco efficace. E finché la bandiera ucraina non sventolerà sulla città di Kherson, non ha senso parlare di una ritirata russa, secondo lui. “L’Ucraina sta liberando territori sulla base di dati di intelligence, non di dichiarazioni inscenate in tv” ha twittato. Eppure questa mattina aveva scritto sul social: “il Cremlino è esausto. Le risorse russe sono vicine al limite. Da qui isteriche richieste di pausa (“trattative”). Da qui la visita di Nikolai Patrushev a Teheran: alla ricerca di un modo per continuare la guerra, ottenere missili/droni, rimediare alla mancanza di missili. Ora è il momento perfetto per raddoppiare gli aiuti per l’Ucraina”. Patrushev, uno dei falchi più influenti vicino a Putin, ha peraltro incontrato anche il presidente iraniano Ebrahim Raisi e ha sottolineato il miglioramento delle relazioni strategiche tra i due paesi. Mentre proprio oggi lo stesso Putin per decreto ha dichiarato gli Stati Uniti come una delle principali minacce ai valori tradizionali russi: una mossa che pone Washington in una luce ostile per principio. Kherson si trova a ovest del fiume Dniepr ed è una città strategicamente importante nello svolgimento della guerra in Ucraina. La notizia ha seguito settimane di progressi di Kiev verso la città e una corsa della Russia per trasferire più di 100.000 dei suoi residenti. Kherson è stata occupata da Mosca subito dopo che le forze russe hanno invaso l’Ucraina a febbraio. Come un cattivo presagio per i russi, la giornata si era aperta con la notizia della morte di una delle figure di spicco dell’amministrazione di occupazione di Mosca, Kirill Stremousov, in un incidente. Pochi minuti prima aveva scritto sul suo Telegram che l’esercito ucraino ha “preso piede” lungo una linea ferroviaria nel nord di Snihurivka. Lo stesso Surovikin dice che l’Ucraina non ha fermato i tentativi di offensiva “nonostante” elevate perdite, perdite di attrezzature e gli attacchi soppressi dalle forze russe. Va detto che se le cose sono realmente così, il cambio al vertice del comando russo sul campo non starebbe dando grossi frutti. “Il “Macellaio di Siria” di Putin può salvare la Russia da un’altra disfatta?”, aveva titolato Politico una decina di giorni fa. La risposta oggi pare essere “no”. Surovikin “non è estraneo agli omicidi di massa” scriveva sempre Politico sull’alto ufficiale, nominato da meno di un mese comandante del Gruppo congiunto di forze nell’area delle operazioni speciali in Ucraina. “Il veterano dalla testa rasata, che ha il fisico di un lottatore”, “ricordato con amarezza nel nord della Siria per aver ridotto in rovina gran parte della città di Aleppo”, ha 56 anni, generale dell’aviazione, “ha anche supervisionato gli incessanti attacchi su cliniche, ospedali e infrastrutture civili a Idlib, controllata dai ribelli, nel 2019, uno sforzo per infrangere la volontà degli oppositori e inviare rifugiati in fuga in Europa attraverso la vicina Turchia”. Tutto ciò indica una strategia ben diversa da quella attuale. E lascia sul campo molti punti di domanda.