In tempio Nanchino commemorati criminali giapponesi: sdegno in Cina

La vicenda riapre la ferita dei massacri del 1937-38

LUG 25, 2022 -

Cina-Giappone Roma, 25 lug. (askanews) – Il gesto di una persona affetta probabilmente da disturbi psichici rischia di riaprire una ferita mai del tutto guarita nei rapporti tra Cina e Giappone. Una donna di 31 anni, Wu Aping, ha depositato presso un tempio buddista di Nanchino quattro tavolette votive per commemorare quattro criminali di guerra giapponesi, proprio nella città che fu teatro di uno dei più feroci massacri del periodo bellico. Tra dicembre 1937 e gennaio 1938 i soldati giapponesi che occuparono Nanchino, allora capitale della Cina repubblicana sotto la guida del generale Chiang Kai-shek, e ai militari fu data mano libera nel massacro della popolazione cinese. Gli storici internazionali hanno pochi dubbi sul fatto che il bilancio delle uccisioni, delle torture, degli stupri fu atroce. Si parla di 200mila vittime. Fonti cinesi, da parte loro, parlano di più di 300mila morti, mentre in Giappone gli storici sono divisi tra quelli che ammettono il massacro, quelli che lo ammettono ma che considerano il bilancio estremamente sopravvalutato e i negazionisti assoluti. La vicenda ebbe diverse code di polemica. Nel 1997 il libro della giornalista e scrittrice Iris Chang – “Lo stupro di Nanchino – pose di nuovo la questione a livello internazionale. La studiosa fu attaccata da più parti e le polemiche e lo stress provocato anche da lunghe dispute sui numeri, sulla qualità delle fonti, potrebbero essere state tra le cause della grave forma depressiva che portò al suo suicidio nel 2004. Oggi – a quanto racconta il South China Morning Post – Wu Aping, una laureata da una scuola medica, ha confessato di essere stata lei a porre presso il tempio buddista Xuanzang le tavolette votive dedicate ai quattro criminali di guerra giapponesi, un fatto che era stato denunciato dai social media cinesi e aveva provocato un hype. Le autorità di Nanchino, nel dare la notizia, hanno precisato che la donna soffrirebbe di problemi psichici. Secondo la ricostruzione, Wu sarebbe stata profondamente turbata dalle informazioni lette sul massacro di 85 anni fa e, per qualche motivo, avrebbe ritenuto che un atto di devozione ai criminali di guerra avrebbe potuto alleggerire la sua sofferenza mentale. La donna – secondo gli inquirenti – sarebbe già stata ricoverata in ospedale tre volte dal 2017 e sarebbe sottoposta a terapie con sedativi e psicofarmaci. Quello che sconcerta gli osservatori, tuttavia, è un’altra cosa: la donna avrebbe pagato il tempio per mantenere sei tavolette votive già dal 2018. Cinque tavolette sarebbero state dedicate a nomi giapponesi corrispondenti a quelli di criminali di guerra, mentre la sesta era per Wilhelmina Vautrin, una missionaria statunitense che protesse i rifugiati cinesi a Nanchino durante le sei settimane di brutali massacri e che in seguito si suciidò per il trauma subito durante la guerra. Wu a questo punto è accusata di aver “provocato disagio”, secondo la polizia. Si tratta di un reato per il quale rischia fino a cinque anni di prigione. Ma va valutato come il suo stato psicologico possa incidere sull’eventuale pena che le verrà comminata. Secondo l’indagine, la donna avrebbe approfittato di una certa dabbenaggine dei monaci buddisti, perché aveva presentato le persone alle quali erano dedicate le tavolette votive come suoi amici. Non a caso, l’abate del tempio Zuanzang, che era anche direttore e vicedirettore dell’ufficio affari religiosi ed etici del distretto di Xuanwu, è stato licenziato. Diversi templi locali hanno avviato indagini interne per capire se vi siano tavolette votive irregolari nei templi. La bizzarra vicenda è accaduta nel momento peggiore. I rapporti sino-giapponesi sono piuttosto carenti e ondate di sentimento nazionalistico in Cina vengono alimentate da polemiche e fiammate di sdegno sul web. D’altronde, come ogni estate, le commemorazioni presso il santuario nazionalista Yasukuni di Tokyo (dove sono commemorati due milioni e mezzo di soldati morti in guerra per il Giappone, compresi 14 criminali di guerra di classe A), provocano malumori e proteste nei paesi vicini.