Wang Yi: non costruiremo base militare alle isole Salomone

Sfida a distanza con la ministra australiana Penny Wong

MAG 27, 2022 -

Cina Roma, 27 mag. (askanews) – Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, nella prima tappa del suo viaggio di 10 giorni nelle nazioni isolane del Pacifico, ha affermato che Pechino non ha intenzione d’installare nelle isole Salomone una sua base militare. Lo scrive oggi il South China Morning Post. L’ipotesi era stata avanzata da parte occidentale dopo che Pechino e le isole Salomone avevano firmato un accordo sulla sicurezza visto con molta preoccupazione dagli Stati uniti e dall’Australia. Ma Wang, dopo l’incontro col suo omologo locale Jeremiah Manele, ha affermato che “le isole del Pacifico sono tutte paesi sovrani e indipendenti, che non fanno da ‘cortile’ di nessuno. Hanno il diritto di fare le loro scelte, non possono essere subordinate a nessuno”. Il ministro cinese ha ribadito che l’accordo di sicurezza “prevede, su richiesta delle isole Salomone, assistenza per mantenere l’ordine sociale in accordo alla legge, la protezione di vite e proprietà, il rafforzamento del soccorso umanitario e la risposta a disastri naturali”. E ha aggiunto: “La cooperazione di sicurezza tra la Cina e le isole Salomone non è mirata contro terze parti e non c’è intenzione di stabilire basi militari”. Il presidente delle Salomone, Manasseh Sogavare, secondo l’agenzia di stampa Xinhua, ha detto che c’è l’intenzione di costituire rapporti “ferrei” con la Cina e di rafforzare la cooperazione tra i due paesi, in particolare nel campo della polizia. La visita di Wang è lunga, perché toccherà otto delle isole del Pacifico, che si trovano ad affrontare la crisi economica globale e i rischi climatici come e più di altre regioni del mondo. Wang Yi porta alle isole del Pacifico in dote la prospettiva di un accordo di libero scambio, che consentirebbe a questi paesi la possibilità di accedere a un mercato di 1,4 miliardi di abitanti, oltre che molti milioni di dollari di assistenza. Inoltre, a livello più strategico, Pechino si offre di formare le forze di polizia e le strutture di cybersecurity, oltre che realizzare operazioni sensibili di cartografia oceanica che consentirebbe alla Cina di mappare le risorse naturali celate nel Pacifico in nome di una “visione comune di sviluppo”, che potrebbe diventare il titolo dato all’incontro che il capo della diplomazia cinese avrà alle Fiji con i ministri degli Esteri dei paesi in sulare il 30 maggio. Questi paesi sono diventati negli ultimi mesi un ulteriore fronte di frizione nella competizione strategica in corso tra la Cina e gli Stati uniti, che sono la potenza egemone nella regione anche attraverso l’alleanza con l’Australia. Se finora la Cina non è riuscita a ottenere molto – tranne il voltafaccia delle isole Salomone che ha cancellato il riconoscimento a Taiwan e firmato con Pechino un accordo di sicurezza denunciato da Australia e Usa – l’eventuale accettazione da parte delle nazioni insulari del piano di cooperazione proposto da Wang rappresenterebbe un cambio di passo preoccupante per Washington. Questo spiega anche perché la ministra degli Esteri australiana Penny Wong si è precipitata alle Fiji a soli cinque giorni dalla sua nomina per rassicurare le nazioni insulari che quella uscita dalle ultime elezioni “è una diversa Australia”, pronta ad affrontare le sfide di sicurezza della regione “come membri di un’unica famiglia”: se Pechino prendesse piede, sarebbe un bel grattacapo per il principale alleato degli Usa nell’area.”L’Australia sarà un partner che non viene con corde attaccate e non impone pesi finanziari insostenibili”, ha detto Wang. “Siamo un partner – ha aggiunto – che non eroderà le priorità del Pacifico e le istituzioni del Pacifico”. Questa spinta un primo risultato l’ha avuto. La Casa bianca ha annunciato ieri che le Fiji sono entrate nella Cornice economica per la prosperità dell’Indo-Pacifico (IPEF), il nuovo raggruppamento appena lanciato sotto l’egida americana. “Il presidente (Joe) Biden saluta la decisione delle Fiji di unirsi alla Cornice economica per la prosperità dell’Indo-Pacifico (IPEF) come membro fondatore, la 14ma nazione e la prima tra le Isole del Pacifica a farlo”, ha affermato in un comunicato Jake Sullivan, il consigliere di sicurezza nazionale della Casa bianca per le questioni asiatiche. “L’IPEF ora riflette la piena diversità regionale dell’Indo-Pacifico”. La Cina cerca d’accrescere la sua influenza nella regione del mondo dove l’Australia è il partner principale in materia di sicurezza”, ha avvertito il nuovo primo ministro di Canberra Anthony Albanese. Per questo, ha chiarito che l’Australia metterà a disposizione circa 500 milioni di dollari australiani per la formazione alla difesa, per la sicurezza marittima e per le infrastrutture. Anche dall’interno degli stati insulari emergono allarmi. Il presidente degli Stati federali di Micronesia, David Panuelo, ha avvertito che il piano cinese, pur “attraente”, metterebbe la Cina in grado di “acquistare accesso e controllo alla nostra regione” e ha avvertito che le “insincere” proposte di Pechino garantirebbero alla Cina influenza in seno ai governi, controllo economico su certe industrie e strumenti per la sorveglianza di massa. Ma la Micronesia è un caso a sé: è dagli anni ’80 legata a uno statuto di libera associazione agli Stati uniti, che le garantisce una cooperazione economica rafforzata. Altri paesi, invece, potrebbero essere tentati di entrare nel sistema cinese. Wang Yi è oggi a Kiribati, poi si recherà a Samoa, Fiji, Tonga, Vanuata e Papua Nuova Guinea. Avrò colloqui virtuali inoltre con le Isole Cook, Niue e la Micronesia. Prevista anche una visita a Timor Est.