Vaticano, molti “non ricordo” nell’ultimo interrogatorio di Becciu

Sapeva che banche prendevano commissioni sugli investimenti? No

MAG 19, 2022 -

Vaticano Città del Vaticano, 19 mag. (askanews) – Ancora molti “non ricordo”, “non so”, o “non sapevo”, nel quarto e ultimo interrogatorio del cardinale Angelo Becciu nel processo in Vaticano sulla compravendita-truffa di un palazzo a Sloane avenue, al centro di Londra, decisa all’epoca in cui egli era Sostituto agli affari generali della Segreteria di Stato. Nel corso dell’udienza odierna, peraltro, è emerso che non è stato aperto un distinto fascicolo sul finanziamento, che secondo l’accusa sarebbe stato caldeggiato dal poporato sardo, dalla Conferenza episcopale italiana alla sua diocesi di origine di Ozieri. Il porporato, già interrogato nel corso di tre udienze sulla compravendita del palazzo londinese, e su una successiva offerta di riacquisto dello stesso palazzo, sui prestiti e le donazioni alla diocesi di Ozieri, tramite una cooperativa nella quale lavorava suo fratello, e sui rapporti con Cecilia Marogna, esperta di intelligence, oggi è tornato a rispondere alle domande del pm, Alessandro Diddi, ma anche degli avvocati delle parti civili e dei giudici, il presidente Giuseppe Pignatone e il giudice a latere Carlo Bonzano. Alla gran parte delle domande, Becciu ha risposto: “questa cosa l’ho già detta”, oppure “non so”, “non ricordo”, “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. Il cardinale si è lamentato del trattamento ricevuto, il tribunale ha precisato che l’imputato ha diritto a non rispondere ma pm ha diritto di domandare. Becciu ha ribadito che in merito ai finanziamenti con fondi della Segreteria di Stato egli, che pure aveva l’esclusiva dell’accesso al conto insieme al Segretario di Stato, seguiva le indicazioni dei suoi collaboratori nell’ufficio amministrativo: “Era l’ufficio che mi preparava i dossier e io mi attenevo a quello che mi prospettavano come buona soluzione”. Il cardinale ha detto che non era a conoscenza del fatto, contestatogli dall’avvocato dello Ior Michele Lipari, che gli investimenti della Segreteria di Stato venivano fatti tramite gestione patrimoniale delle banche, ossia l’ufficio centrale della Santa Sede prestava soldi a banche – nel caso di specie, il Credit Suisse – che, dopo aver applicato significative commissioni, investivano i soldi. Sa che mandato di gestione c’era? “Non lo so”, ha risposto Becciu, sa che le banche prendevano commissioni consistenti, “no”. Al giudice Carlo Bonzano che gli domandava come egli esercitava il suo ruolo di Sostituto agli affari generali, Becciu ha risposto: “Se avessi capito che c’era qualcosa che non andava, o la necessità di cambiare strada negli investimenti, o investire altrove, lo avrei detto, ma non mi hanno mai dato occasione di fare altro”. E, ancora: “Se avessi capito che i risultati non erano quelli preventivati o che c’erano dei problemi, avrei cercato una soluzione per un investimento non andato a buon fine, e avrei cercato di rimediare, certamente avrei voluto agire, e se non avessi agito mi sarei preso la responsabilità”. Al giudice che insisteva, domandando se egli dunque avesse bisogno di una segnalazione per agire, il porporato ha fatto riferimento ad una mail di Enrico Crasso, finanziere e consulente della Sgereteria di Stato, nella quale questi avrebbe segnalato, all’ufficio finanziario, problemi nell’inestimento di Londra: “Se Crasso avesse inviato anche a me la mail sulle criticità di Londra avrei avuto modo di intervenire”. Era Crasso, ha detto ancora Becciu, che “indicava se un investimento poteva essere favorevole o no”. E, secondo il porporato, “c’era un deficit molto alto della Santa Sede, da anni ce lo stiamo trascinando, e noi come Segreteria di Stato cercavamo di appianarlo attingendo ai cespiti nostri”. Inoltre, “dallo Ior da anni veniva un contributo annuo di 50 milioni di euro, col tempo sceso a 30, ma una grande parte andava a finanziare la Radio vaticana e le nunziature”. Domani, venerdì, il processo prosegue con l’interrogatorio di Fabrizio Tirabassi, ex officiale della Segreteria di Stato che sinora non era mai ricomparso in Vaticano.