Michel: il Giappone contribuisca al Piano Marshall per l’Ucraina

Il 12 maggio vertice con von der Leyen e Kishida a Tokyo

MAG 10, 2022 -

Ucraina Roma, 10 mag. (askanews) – Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha chiesto al Giappone, in un’intervista pubblicata oggi dal Nikkei Asia, di contribuire a un fondo modellato sul Piano Marshall post-seconda guerra mondiale per aiutare la ricostruzione dell’Ucraina. L’appello di Michel viene a pochi giorni dal vertice Ue-Giappone che si terrà dopodomani a Tokyo e dopo la conferenza internazionale dei donatori di Varsavia, dove sono stati messi sul piatto potenziali 6 miliardi di euro per aiutare Kiev. “Dobbiamo iniziare immediatamente e ricostruire il paese” ha detto Michel. “Io lo chiamo – ha continuato – il Piano Marshall per l’Ucraina” e “penso che come Europa e come Giappone noi abbiamo un interesse nella ricostruzione dell’Ucraina eppossiamo cooperare in questo campo col Giappone come con altri partner di buona volontà”. La guerra in Ucraina sarà uno degli argomento centrali nei colloqui tra il primo ministro nipponico Fumio Kishida, Michel e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “Noi dobbiamo aiutare l’Ucraina in tre fasi”, ha detto ancora Michel. “Primo: il sostegno umanitario di cui l’Ucraina ha bisogno subito; secondo: la liquidità perché l’Ucraina possa far funzionare il paese; terzo: la ricostruzione”. Ci sarà bisogno – ha proseguito – di “expertise, sostegno finanziario, sostegno tecnico”. Il Giappone ha condannato l’invasione russa e ha attivato una serie di sanzioni contro la Russia di concerto con gli Usa e i paesi europei. Più tiepida, invece, è stata la sua risposta sul fronte del possibile embargo sul petrolio russo, di cui Tokyo ha bisogno per garantire il proprio approvvigionamento energetico, mentre ha detto no a una possibile fuoriuscita da progetti energetici congiunti con Mosca, come lo sviluppo dei progetti petroliferi e gasieri Sakhalin-1 e Sakhalin-2, da cui si sono disimpegnati alcuni operatori occidentali. D’altronde, anche in Europa il dibattito sullo stop alle forniture di petrolio e gas russo appare ancora in alto mare, con paesi particolarmente esposti, come l’Ungheria, che frenano decisamente.