Papa: non solo misericordia, nella Chiesa anche responsabilità

"Chiamata a esercitare un ministero paterno non paternalistico"

GEN 13, 2022 -

Papa Città del Vaticano, 13 gen. (askanews) – La “misericordia”, sì, ma anche la “responsabilità”. Belle parole, senza grandi conseguenze, se a pronunciarle non fosse Francesco. Il papa, cioè, che della misericordia, appunto, ha fatto la propria agenda di governo: parola pronunciata fin dai primi giorni del pontificato (raccomandò misericordia ai confessori che incontrò a Santa Maria maggiore la mattina dopo l’elezione in Conclave), tema del giubileo (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016), mantra tutt’altro che ingenuo di un’azione di governo che ha cambiato la rotta della barca di Pietro, da un’epoca, quella dei suoi immediati predecessori, tesa a ribadire l’identità e la dottrina cattolica, all’accento posto sull’accoglienza dei peccatori, il dialogo con non credenti e diversamente credenti, l’evangelica attenzione agli ultimi della società. Misericordia quale parola-chiave del pontificato. Fino ad ora. Perché dall’inizio del suo ministero, nel 2013, molte cose sono accadute. E il pontefice argentino, 85 anni lo scorso dicembre, negli ultimi mesi è via via sembrato mettere sempre più a fuoco un altro aspetto della vita della Chiesa. Che, ora, ha anche un nome: responsabilità. A metterlo nero su bianco è stato lo stesso Bergoglio, che ha concesso un’intervista all’Osservatore Romano e a Vatican News incentrata sulla figura di San Giuseppe. Al padre “adottivo” di Gesù il papa ha dedicato un anno speciale (dall’otto dicembre 2020 all’otto dicembre 2021), passato a dire il vero senza essere molto notato, una lettera apostolica, Patris Corde (2020), e, ultimamente, le catechesi dell’udienza del mercoledì. Della figura di san Giuseppe il papa latino-americano è devoto da sempre (conserva una statua lignea del santo dormiente, nel suo appartamento, sotto il quale consera i biglietti delle richieste di preghiera che gli arrivano da tutto il mondo). Ma nell’intervista ad Andrea Monda, direttore del quotidiano della Santa Sede, e Alessandro Gisotti, vicedirettore editoriale dei media vaticani, svela un altro aspetto. “Quando pensiamo alla Chiesa la pensiamo sempre come Madre, e questa non è certamente una cosa sbagliata”, spiega Bergoglio. “Anche io in questi anni ho cercato di insistere molto su questa prospettiva perché il modo di esercitare la maternità della Chiesa è la misericordia, cioè è quell’amore che genera e rigenera alla vita. Il perdono, la riconciliazione, non sono forse un modo attraverso cui noi veniamo rimessi in piedi? Non è un modo attraverso cui noi riceviamo nuovamente la vita perché riceviamo un’altra possibilità? Non può esistere una Chiesa di Gesù Cristo se non attraverso la misericordia! Ma credo che dovremmo avere il coraggio di dire che la Chiesa non dovrebbe essere solo materna ma anche paterna. E’ chiamata cioè a esercitare un ministero paterno non paternalistico. E quando dico che la Chiesa deve recuperare questo aspetto paterno mi riferisco proprio alla capacità tutta paterna di mettere i figli in condizione di prendersi le proprie responsabilità, di esercitare la propria libertà, di fare delle scelte. Se da una parte la misericordia ci sana, ci guarisce, ci consola, ci incoraggia, dall’altra parte l’amore di Dio non si limita semplicemente a perdonare, a guarire, ma l’amore di Dio ci spinge a prendere delle decisioni, a prendere il largo”. E ancora: “Una Chiesa è tale non solo quando dice sì o di no, ma soprattutto quando incoraggia e rende possibile le grandi scelte. E ogni scelta ha sempre delle conseguenze e dei rischi, ma a volte per paura delle conseguenze e dei rischi rimaniamo paralizzati e non riusciamo a fare nulla e a scegliere nulla”. Di più il papa non dice. Ma è un fatto che gli ultimi anni, e ancor più gli ultimi mesi, hanno visto un Francesco meno attendista, e su più livelli. Ha accelerato la riforma delle finanze vaticane e ha fatto aprire un processo – l’imputato più eminente è il cardinale Angelo Becciu – che, tra molte polemiche, manifesta il suo desiderio di non lasciare impunita alcuna malversazione. Ha cancellato, tra critiche e insulti dei tradizioalisti, la liberalizzazione del messale preconciliare che era stata decisa da Benedetto XVI. Ed ha avviato un percorso sinodale globale che si concluderà nel 2023 e promette, se non finirà nel caos, di sollevare questioni controverse, dalla morale sessuale al ruolo dei laici. Senza archiviare l’epoca della “misericordia”, insomma, sembra che il papa voglia ora responsabulizzare i fedeli – cattolici adulti, si sarebbe detto con fastidio in un’altra era ecclesiale – a fare un passo avanti. Quanto a sé, il suo ruolo è quello del padre spirituale. “Se un buon padre, umanamente parlando, è tale perché aiuta il figlio a diventare se stesso, rendendo possibile la sua libertà e spingendolo alle grandi decisioni”, afferma Francesco in un altro passaggio dell’intervista, “ugualmente un buon padre spirituale è tale non quando si sostituisce alla coscienza delle persone che si affidano a lui, non quando risponde alle domande che queste persone si portano nel cuore, non quando spadroneggia sulla vita di chi gli è affidato, ma quando in maniera discreta e allo stesso tempo ferma riesce a indicare la strada, fornire chiavi di lettura diverse, aiutare nel discernimento”.