Bilancio vaticano 2020, tre buone notizie nonostante la pandemia

La prossima settimana si apre il processo sull'immobile di Londra

LUG 24, 2021 -

Vaticano Città del Vaticano, 24 lug. (askanews) – Alla vigilia di uno storico processo sulla compravendita truffa di un immobile a Londra con soldi della Segreteria di Stato, che si apre la prossima settimana, la Santa Sede ha pubblicato oggi il bilancio consolidato, nonché, per la prima volta, il budget dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, che mostrano un impianto solido e una situazione migliore di quanto la pandemia avesse fatto temere. Tre, in particolare, le buone notizie che emergono dal bilancio. Il 2020 è stato ‘tutto sommato, meglio di quanto ci aspettassimo’, spiega a Vatican News il prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Juan Antonio Guerrero. Gli introiti sono stati di 248 milioni di euro, le uscite di 315 milioni di euro, e il bilancio dell’anno scorso si chiude dunque con un deficit – già coperto – di 66 milioni di euro. Il “sotto-bilancio” dell’Apsa registra un deficit di 27 milioni, “risultato non realizzato” legato all’andamento del mercato dei titoli. Nel 2019, e dunque prima della pandemia, il deficit della Santa Sede era stato di 11 milioni di euro. ‘Non posso dire che sia stato un buon anno’, spiega il ‘ministro delle Finanze’ vaticano. ‘Ma date le circostanze, posso dire che per il 2020, prima della pandemia, avevamo previsto a budget un deficit di 53 milioni di euro. Quando è apparso il Covid, le previsioni di deficit che abbiamo fatto nel migliore scenario sarebbero state di 68 milioni di euro e nel peggiore di 146 milioni di euro. Nello scenario medio il deficit si prevedeva di 97 milioni di euro. Così abbiamo rivisto il bilancio in marzo accettando un deficit di 82 milioni di euro. Il risultato che si è invece verificato, con un deficit di 66,3 milioni di euro, è stato leggermente migliore del migliore degli scenari ipotizzati, e decisamente migliore di quanto avevamo previsto nel bilancio rivisto in marzo’. La buona notizia – la prima – è che, spiega il gesuita spagnolo, ‘grazie agli sforzi fatti, i risultati si avvicinano molto a quelli di un anno normale. Il deficit ordinario è inferiore di 14,4 milioni di euro rispetto al 2019: 64,8 milioni di euro nel 2020, rispetto ai 79,2 milioni di euro del 2019. Questo è senza dubbio un risultato migliore. Tuttavia, il rendimento degli investimenti finanziari è stato inferiore di 51,8 milioni di euro e anche il risultato straordinario è stato inferiore di 17,8 milioni di euro’. Il bilancio pubblicato oggi riguarda non già l’intero Vaticano, ma la sola Santa Sede, ossia la Curia. Il suo patrimonio netto, peraltro, è di 1,379 miliardi di euro. Quanto ai flussi di cassa, i vari uffici romani, nonché le nunziature in giro per il mondo, assommano al 36% del bilancio vaticano complessivo, lo Stato della Città del Vaticano è pari al 14%, lo Ior il 18%, altre fondazioni e fondi, quali il fondo pensione il 24% e, infine, l’Obolo di San Pietro è pari al 5% e altri fondi che afferivano alla Segreteria di Stato il 3% del totale. E’ previsto, peraltro, che in futuro il budget venga aggregato diversamente, includendo altri settori sinora esclusi. Rientra nel bilancio della Santa Sede quello, specifico, dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (Apsa), la “cassaforte” vaticana, che gestisce il patrimonio immobiliare e gli investimenti mobiliari e, guidata da mons. Nunzio Galantino, sempre oggi pubblica, per la prima volta, il proprio budget: “Per evitare equivoci”, spiega il presule a Vatican News, “voglio precisare che se quest’anno si è deciso di rendere pubblico il bilancio non vuol dire che l’Apsa non abbia, nel passato, redatto il proprio bilancio e non l’abbia presentato per l’approvazione agli organi di controllo. Renderlo pubblico è certamente un passo avanti nella linea della trasparenza e della condivisione”. Il bilancio consuntivo della Santa Sede, che l’anno scorso – ed era la prima volta che veniva pubblicato un budget dettagliato – fu pubblicato il primo ottobre, quest’anno è stato pubblicato prima della pausa estiva, e prima che martedì prossimo, 27 luglio, si apra nel tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone il processo che ruota attorno al palazzo di Sloane avenue 60, a Chelsea, centro di Londra. La compravendita truffa venne decisa all’epoca in cui Sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato, nel 2014, era Angelo Becciu, e il cardinale figura ora tra gli imputati, insieme ad altri dipendenti o ex dipendenti vaticani e ad un gruppo di finanzieri e broker esterni allo Stato pontificio. Il bilancio di quest’anno incrocia la vicenda di Sloane avenue, per così dire, per due ragioni. La prima è che nei fogli del budget figura un mutuo di 127 milioni di euro proprio per il palazzo: la ragione è che l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica è subentrata all’esoso mutuo di 127 milioni che la Segreteria di Stato aveva stipulato per l’acquisto dell’immobile, ma rinegoziando il mutuo a condizioni significativamente più vantaggiose (si è passati dal 7,5% degli interessi allo 0,7%). Tale voce verrà appianata quando l’immobile, come è già stato preannunciato, verrà venduto. Il secondo motivo è che prima ancora che il processo si aprisse il papa ha già spostato, nei mesi scorsi, i fondi sino ad allora gestiti in autonomia dalla Segreteria di Stato – nonché gli investimenti di tutti gli uffici della Santa Sede – alla stessa Apsa (“Siamo davvero a buon punto”, commenta mons. Galantino). A regime, dunque, l’Obolo di San Pietro e gli altri fondi saranno consolidati con il bilancio della Segreteria di Stato. Già oggi, come peraltro negli anni passati, una parte dell’Obolo, ossia della colletta che i fedeli di tutto il mondo inviano alla Santa Sede, veniva utilizzata per finanziare le attività apostoliche della Curia romana. Quest’anno – ed è la seconda buona notizia – l’amministrazione ha attinto all’obolo meno che gli anni scorsi. ‘Il contributo dell’Obolo alla missione del Santo Padre negli ultimi anni’, spiega padre Guerrero, ‘è stato: nel 2017, 52 milioni di euro; nel 2018, 74 milioni di euro; nel 2019, 66 milioni di euro e nel 2020, 50 milioni di euro. Nel 2019 l’Obolo ha finanziato 66 milioni di euro su 207 milioni di euro (32%) delle spese dei dicasteri di missione, cioè quelli non amministrativi. Nel 2020 ha finanziato 50 milioni di euro su 207 milioni di euro (24%). La spiegazione di questa differenza con l’anno scorso è che l’aumento o la diminuzione del valore degli investimenti finanziari o le entrate o le uscite dovute alle differenze di cambio sono normalmente entrate e uscite non realizzate. In altre parole, sono considerate nei libri contabili ma non hanno bisogno di finanziamenti e non influenzano la liquidità. Si verificano nei dicasteri che hanno più investimenti, che con i loro profitti finanziano parte della missione della Santa Sede. Questi, da parte loro, hanno potuto contribuire quest’anno con più denaro alle spese dei dicasteri di missione, cioè quelli finanziati dall’Obolo, riducendo così la necessità di ricorrere all’Obolo. L’Obolo ha raccolto 44 milioni di euro e ha contribuito con 50 milioni di euro alla missione del Santo Padre nel 2020, oltre a 12 milioni di euro in esborsi diretti a progetti specifici in vari Paesi. Ha speso 18 milioni di euro in più di quanto ha raccolto, attingendo il suo patrimonio pregresso’. Padre Guerrero, peraltro, non si nasconde le difficoltà: ricorda che la raccolta dell’Obolo “sta diminuendo negli ultimi anni: è calata del 23% tra il 2015 e il 2019 e, nel primo anno di COVID, nel 2020, del 18%”. E sottolinea che “è abbastanza possibile che ci sia uno sfasamento temporale tra le raccolte e l’invio del contributo alla Santa Sede, cioè le raccolte del 2019 potrebbero essere arrivate alla Santa Sede nel 2020, quindi saremo in grado di vedere l’impatto della pandemia nel bilancio del 2021. In ogni caso – precisa – spero che i passi che si stanno facendo nella giusta direzione di una migliore gestione, di un controllo più efficace e di una maggiore trasparenza aiutino a ripristinare la credibilità”. La terza buona notizia per il Vaticano è che l’impianto complessivo del bilancio è risultato solido, grazie in particolare alla riduzione dei costi operativi, il che ha permesso, nonostante la pandemia, di contribuire con circa dieci milioni di aiuti (tra iniziative della ‘Covid commission’ del pontificio consiglio per la Promozione dello sviluppo umano integrale, congregazione delle Chiese orientali ed Elemosineria apostolica, a cui vanno aggiunti i fondi di Propaganda fide) alle Chiese e ai paesi più colpiti dal Covid. E’ stata molto significativa, nel 2020, la riduzione dei costi operativi. “I dicasteri”, spiega padre Guerrero, “hanno agito responsabilmente nella spesa e le entrate sono diminuite meno del previsto. Le spese sono state ridotte. Sono apparentemente diminuite poco tra il 2019 (318 milioni) e il 2020 (314,7 milioni). Solo 3,3 milioni di euro. Ma se eliminiamo gli oneri finanziari, che quest’anno sono stati molto alti a causa della variazione dei tassi di cambio, vediamo che le spese ordinarie sono diminuite di quasi 26 milioni di euro. E sarebbero stati ancora più basse se non fosse stato per 6,7 milioni di euro di spese straordinarie legate a Covid più altri 3,5 milioni di euro incluso nelle spese ordinarie. E’ un bel gesto – sottolinea il gesuita – che alcuni dicasteri legati alle Chiese più bisognose di aiuto, oltre a ridurre le spese su molte altre cose hanno aumentato i contributi a queste Chiese per le necessità causate dal Covid, a volte diminuendo il loro patrimonio come nel caso del Dicastero per lo sviluppo umano integrale”. La pandemia marca a fondo il bilancio consuntivo del 2020. Il Vaticano non è uno Stato normale: non può usare la leva né della politica monetaria né della politica fiscale, poiché non raccoglie tasse (ma ne paga allo Stato Italiano e al Comune di Roma: è una delle poche voci di spesa che non sono calate: per l’anno di imposta 2020 l’Apsa, si legge nel suo bilancio, ha versato 5,95 milioni di euro per Imu e 2,88 milioni di euro per Ires). Ha molti costi (personale, gestione, manutenzione) e introiti autonomi (una delle voci più significative, i biglietti dei Musei vaticani, è stata drasticamente ridotta dal lockdown e dal calo di turismo internazionale a Roma; ma anche gli affitti, un’altra voce di guadagno, è stata ridotta a causa del Covid, sebbene non in modo drammatico); fa affidamento, poi, sulle donazioni che arrivano da tutto il mondo: dai singoli fedeli (Obolo di San Pietro), da singoli benefattori, e dalle Chiese locali (diocesi, ordini religiosi). Quest’ultima voce, nonostante la pandemia, è rimasta sostanzialmente stabile rispetto agli anni passati, passando da 55,8 milioni del 2019 a 56,2 del 2020. “Le fonti di reddito sono già note”, sintetizza il ministro delle finanze di papa Francesco: “58% (68% nel 2019) generate internamente (affitti, investimenti, visitatori e servizi resi); 23% (18% nel 2019) donazioni esterne (da diocesi o da varie altre istituzioni) e la terza fonte, 19% (14% nel 2019), proviene da entità collegate, (come IOR o Governatorato). Le entrate totali sono diminuite di 58,5 milioni di euro, il 19%, tutte su entrate generate internamente che dipendono dai visitatori e dalla situazione economica generale”. Per quanto riguarda la specifica voce degli affitti, mons. Galantino sottolinea “la pronta e concreta attenzione rivolta a quanti – soprattutto esercizi commerciali – occupano locali di proprietà o comunque gestiti dall’Apsa. E’ stata data la possibilità, in casi documentati, di godere della riduzione del canone e di dilazione di una parte del canone stesso. Se parliamo in termini tecnici e di risultati, quello che abbiamo fatto non ci colloca in territorio positivo, come si usa dire in ambito gestionale. Ha provocato infatti una riduzione del reddito derivante dalle locazioni, com’è possibile verificare scorrendo le pagine in cui viene sinteticamente presentato il bilancio Apsa 2020. Per noi però rimane un risultato positivo. Nel senso che ha fatto emergere la volontà di essere e continuare a essere e a comportarci “da Chiesa”, anche in un momento di grave crisi per tutti”. Padre Guerrero peraltro non manca di realismo e sottolinea, nell’intervista al direttore editoriale vaticano Andrea Tornielli, almeno tre questioni cruciali. Innanzitutto, il quadro più complessivo. ‘Qui presentiamo solo il bilancio della Santa Sede. C’è poi quello del Governatorato, quello dello IOR e quello di molte altre entità legate alla Santa Sede di vario tipo e dimensione, tra cui ospedali, fondazioni, il Fondo Pensione Vaticano, la Cassa di Assistenza Sanitaria, ecc. i cui obblighi e rischi riguardano la Santa Sede. Quando abbiamo presentato il bilancio dell’anno scorso, lo abbiamo inserito in questo contesto per avere una visione più generale. Se mettessimo insieme tutte le entità, il quadro sarebbe un po’ peggiore: il deficit attuariale del Fondo Pensioni pesa sulla Santa Sede per i prossimi 100 anni, così come il Fondo Sanitario ha il suo ‘deficit attuariale’. Gli enti della Santa Sede non hanno scopo di lucro. Molti tendono ad essere in perdita perché forniscono servizi che non sono completamente finanziati. C’è un lavoro importante da fare per migliorare la sostenibilità’. In secondo luogo, c’è la questione del personale, già sollevata più volte negli anni scorsi dal Consiglio dei cardinali: “Il capitolo del personale quest’anno è stato contenuto. Per garantire la sostenibilità economica, mantenendo comunque la giusta decisione del Papa di non licenziare, e per generare una maggiore motivazione nel personale, sarebbe utile fare un piano con una visione a lungo termine e avere una politica del lavoro con programmi di sviluppo professionale e di formazione, e un’attenzione particolare alla formazione nella missione che viene svolta nella Santa Sede. Questo farebbe risparmiare denaro anche a lungo termine”. In terzo luogo c’è la necessità di migliorare gli investimenti, tanto più dopo che “la pandemia ci ha mostrato alcune debolezze che non hanno un costo economico apparente. In situazioni come quella che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, è essenziale avere informazioni economiche immediate per poter prendere le decisioni più appropriate. Ottenere le informazioni economiche per noi è costoso e richiede tempo”, spiega padre Guerrero, che poi spiega che il Consiglio dell’Economia guidato dal cardinale Reinhgard Marx “sta lavorando allo sviluppo di una politica di investimenti; nel 2020 un gruppo ha lavorato alla progettazione di un comitato per questo scopo. Mentre queste politiche generali vengono delineate e implementate, lo Ior ha già aggiornato e rinnovato il suo team per gli investimenti e l’Apsa sta introducendo nuove politiche d’investimento immobiliari e mobiliari più efficienti e trasparenti”. Chiosa, da parte sua, mons. Galantino: “Riguardo agli investimenti immobiliari si sta procedendo ad un maggior efficientamento della gestione reddituale delle unità immobiliari a tale scopo riorganizzate e ristrutturate e pronte per essere commercializzate anche mediante accordi con agenzie immobiliari e altri intermediari qualificati (progetto denominato “Sfitto a rendere”. Tutto questo comporterà maggiori ricavi nel futuro che insieme ai flussi finanziari e alla liquidità presente nonché ai flussi finanziari degli immobili stessi, permetterà il conseguimento dei risultati previsti”. Inoltre, “è in dirittura di arrivo il censimento del patrimonio immobiliare terreni, che verrà completato entro la fine dell’estate 2021. A seguire, andranno analizzate le occupazioni e le strategie di miglioramento delle relative performance reddituali”. Infine, padre Guerrero mette in evidenza la prospettiva di lungo periodo: “La tendenza degli ultimi anni è stata quella di una diminuzione delle entrate e di una diminuzione delle spese, anche se in misura minore rispetto a quelle delle entrate. Possiamo aspettarci che un tipo di reddito dia maggiore entrate quando le attività riprenderanno a pieno regime, mi riferisco ai servizi, quelli legati ai visitatori, e agli affitti commerciali. Se l’attività economica si riprende, sia il Governatorato che lo Ior saranno in grado di mantenere e forse aumentare il loro livello di contributi al bilancio. Il solo contenimento dei costi non è una soluzione stabile. E’ facilmente prevedibile che anche le spese aumenteranno quando riprenderanno le attività, con i viaggi, i congressi, ecc, anche se forse abbiamo imparato qualcosa da questo periodo. D’altra parte, dobbiamo continuare a insistere sul miglioramento della redditività degli investimenti mobiliari e immobiliari. E c’è spazio per questo. Stiamo lavorando in questa direzione”. Quanto al processo sull’immobile di Londra che si apre settimana prossima, “penso che segni una svolta che può portare a una maggiore credibilità della Santa Sede in materia economica”, afferma padre Guerrero. “Prima di tutto, questo processo ci parla di un passato, un passato recente, ma di un passato. Ci possono sempre essere errori, ma oggi non vedo come gli eventi del passato possano ripetersi. In secondo luogo, il fatto che questo processo abbia luogo significa che alcuni controlli interni hanno funzionato: le accuse sono venute dall’interno del Vaticano. Da diversi anni, le misure adottate vanno nella giusta direzione. Già con Papa Benedetto iniziò l’AIF, oggi ASIF, e Papa Francesco ha continuato nella stessa direzione, creando nel 2014 il Consiglio per l’Economia, la Segreteria per l’Economia e l’Ufficio del Revisore Generale. I recenti Motu Proprio del Papa sulle questioni economiche hanno reso più trasparente l’economia vaticana. Moneyval ha recentemente riconosciuto i progressi fatti in quanto ad efficacia, come ha mostrato il dottor Barbagallo nella sua recente intervista. Siamo ancora in cammino, sappiamo che le leggi non sono sufficienti, che devono essere attuate e che devono essere rispettate fino a quando non si crea una nuova cultura. In questo senso, grazie a questo processo, indipendentemente dal suo esito, abbiamo imparato e stiamo imparando. Possiamo sempre fare errori, ma oggi vedo molto difficile che ciò che è successo possa ripetersi”. In questo senso, “avere buoni consulenti è molto importante per noi, che non siamo dediti all’attività economica, e abbiamo fatto errori in passato, come si può vedere. La selezione dei consulenti è migliorata e anche il livello professionale nei dicasteri e negli enti che si occupano di questioni economiche all’interno della Santa Sede. Veniamo da una cultura della segretezza, ma in economia abbiamo imparato che la trasparenza ci protegge più della segretezza. Abbiamo anche capito che siamo custodi, non proprietari, e il custode deve rendere conto. Una cultura ha cominciato a cambiare. Molti ora capiscono che controlli e responsabilità non significano sfiducia, ma autoprotezione e sostegno per ciò che si fa, perché preserva anche dagli errori”.