Presidenziali in Iran: verso l’elezione del conservatore Raisi

Oggi il ritiro dell'unico vero candidato riformatore

GIU 16, 2021 -

Iran Roma, 16 giu. (askanews) – Il numero uno della giustizia iraniana Ebrahim Raisi, un protetto della Guida suprema Ali Khamenei, sembra essere il favorito tra i sei candidati in corsa alle elezioni presidenziali in Iran che si tengono il 18 giugno. Uno scrutinio in cui si prevede una bassa affluenza alle urne nel Paese dove molti elettori e politici hanno annunciato l’intenzione di boicottare il voto a causa delle opzioni limitate dei candidati – oggi si è ritirato Mohsen Mehralizadeh, quello che era il settimo candidato, l’unico considerato veramente moderato – dell’insoddisfazione per la gestione dell’economia e della pandemia di Covid-19 da parte del governo oltrechè per lo stato repressivo. Quest’anno, il Consiglio dei Guardiani iraniano ha permesso a solo sette su quasi seicento iscritti di candidarsi, bocciando personalità come il vice presidente Eshaq Jahangiri e l’ex presidente del parlamento Ali Larijani, considerato il principale sfidante moderato di Raisi. A due giorni dal voto, sembra sempre più certo che il successore del presidente moderato Hassan Rouhani sarà un conservatore fedele al regime. Del resto solo uno degli ormai sei candidati è un riformista, ma il suo è un basso profilo. Ebrahim Raisi, il favorito, è un religioso fondamentalista che ha corso contro Rohani nel 2017. È noto per il suo coinvolgimento in un comitato del 1988 che ha condannato a morte migliaia di dissidenti, militanti e altri dopo la guerra Iran-Iraq. Ha stretti legami con il potente corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (Irgc). Gli altri hardliner sono Mohsen Rezaei, un ex comandante in capo dell’Irgc che si è candidato alla presidenza altre tre volte; Mohsen Mehralizadeh, anche un ex comandante dell’Irgc e vice presidente sotto Mohammad Khatami nel 2001-05. Saeed Jalili ha aiutato a negoziare l’accordo nucleare del 2015 e siede nel Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale. Alireza Zakani è un deputato proprietario di Jahan News, un organo di stampa conservatore. Infine l’unico moderato rimasto in lizza, o non conservatore come sostengono alcuni, è Abdolnaser Hemmati, ex governatore della Banca centrale dell’Iran ed è stato vice presidente della radiotelevisione statale, la più grande società di media del Paese. Alcuni esperti affermano che il Consiglio dei Guardiani sta manipolando le elezioni a favore di Raisi, considerato anche un potenziale successore dell’82enne Khamenei, che sarebbe in cattive condizioni di salute. Altri analisti dicono che non è certo che Raisi vincerà, dal momento che le elezioni iraniane si sono rivelate imprevedibili. Per gli iraniani, e per il nuovo presidente, la questione interna più urgente è l’economia, colpita dalle sanzioni Usa dopo il ritiro di Washington dall’accordo nucleare nel 2018. Ora, i Paesi stanno negoziando il ritorno all’accordo di Vienna. Khamenei sostiene i negoziati e i funzionari iraniani prevedono di finalizzare un’intesa entro agosto, prima che il nuovo presidente subentri. Inoltre, il Covid-19 è ancora un problema serio per l’Iran, che ha il più alto numero di morti in Medio Oriente. Si attende una forte astensione – le elezioni parlamentari dello scorso anno hanno avuto la più bassa affluenza nella storia dell’Iran, con il 42% – anche per la disillusione della popolazione che sempre meno crede nell’effettivo potere del presidente. L’Iran ha in effetti più centri di potere, con il leader supremo che ha la maggiore influenza. Il presidente ha poteri limitati visto che la strategia complessiva del governo è determinata dal Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, che il presidente presiede ma non controlla.