Maria Chiara Prodi: 2 giugno e 25 aprile, una sveglia per tutti

Abbiamo una democrazia da custodire

GIU 1, 2021 -

75° Repubblica Roma, 1 giu. (askanews) – In occasione del 2 giugno – che segna quest’anno i 75 anni della Repubblica italiana – askanews ha sentito Maria Chiara Prodi, coordinatrice artistica dell’Opéra Comique di Parigi ma anche Consigliera CGIE e Presidente della Commissione “Nuove migrazioni e generazioni nuove”. Feste come il 2 giugno, o il 25 aprile, sono una “sveglia” per tutti, dice Prodi, anche e forse soprattutto per gli italiani che vivono all’estero. Ci ricordano, tra mille altre cose, che “abbiamo una democrazia da custodire”. E sul tema italiani all’estero, Prodi aggiunge una sollecitazione: “è difficile pensare agli italo-discendenti senza pensare agli italiani senza cittadinanza”. Il 2 giugno la Repubblica italiana compie 75 anni: che significato può avere questa ricorrenza per gli italiani all’estero? Ciascun italiano all’estero celebra il suo senso di appartenenza e comunità in molti modi, legati a delle abitudini che mantiene vive nonostante i chilometri. Ma ci sono giorni, come il 25 aprile e il 2 giugno, che suonano come una sveglia, per tutti, nello stesso momento. Ci invitano a fare una pausa e a ricordare la storia da cui veniamo, i sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto. Ci ricordano le scelte che sono state fatte e che ci hanno consegnato una democrazia da custodire, e una comunità di persone tra cui continuare a tessere legami, irrorando le stesse radici. Celebrare significa non dare per scontato, prendersi il tempo necessario per riallacciare e rinnovare. Farlo per i 75 anni significa anche porsi la questione della trasmissione di questo patrimonio di senso da una generazione all’altra. Più in generale che cosa significa l’Italia per le persone che non hanno la cittadinanza ma sono di discendenza italiana? L’Italia è uno spazio fisico, una comunità politica, ma anche un luogo dell’anima. Per questo è cosí difficile limitarsi alla prima o alla seconda definizione. Ed è difficile anche pensare agli italo-discendenti senza pensare agli italiani senza cittadinanza. Ci sono persone pronte a dare il meglio di sé per l’Italia: chiudergli la porta è miope, tanto più che sono spesso loro che ci vedono persino migliori di come siamo. E guardandoci così, ci spronano ad essere migliori. Quale contributo danno e possono dare al Paese? Io direi che prima di tutto è un contributo di vita e di relazione. Certo, le etichette ci servono per organizzare la vita civile, i diritti, e tutto questo è estremamente importante, specie per chi ne ha un bisogno vitale perché dipende da quel passaporto per un’esistenza dignitosa. Ma come già ben ricordato dal Presidente Piero Bassetti nel suo libro sugli italici, noi abbiamo l’immensa fortuna di essere, e ripeto, in parte immeritatamente, visti come uno spazio prezioso di bellezza. La bellezza è come una calamita, e con un pizzico di visione e organizzazione, possiamo trasformare queste energie che attraiamo in un enorme potenziale. E viceversa, che cosa potrebbe fare la Repubblica per queste persone, in termini non solo culturali o economici ma di rappresentanza politica? Sono profondamente convinta che un rapporto franco, positivo e fecondo in campo culturale ed economico potrebbe permetterci anche un ragionamento nuovo, anche europeo, rispetto alla rappresentanza politica. E aggiungo, rispetto alla partecipazione politica. Al momento tanti che hanno il diritto di voto non lo esercitano, e tanti che vorrebbero esercitarlo, risiedendo sul nostro territorio nazionale, non ce l’hanno, come i già citati italiani senza cittadinanza, ma anche studenti e lavoratori fuori sede che non riescono a rientrare per votare. La Repubblica, prima di tutto per se stessa, deve poter allargare il più possibile la platea di chi ha diritto di prendersi cura di lei in maniera attiva. Erodere il bacino degli elettori vuoi per mancanza di coraggio della proposta politica, vuoi per impossibilità di un reale esercizio del voto è un rischio che non ci possiamo permettere. In 75 anni quali progressi si sono fatti nell’affrontare questo tema? Il fascino dei temi legati alla mobilità umana è che sono sempre diversi. Le soluzioni di mutuo soccorso e di feconda collaborazione che gli italiani all’estero, organizzandosi dal basso, hanno saputo creare all’indomani della nascita della Repubblica, devono essere per noi, oggi, uno stimolo ad andare alla radice di quel sentimento di solidarietà, e trasporlo con strumenti che siano adeguati e funzionali alla vita moderna. Qual è il ruolo del Cgie e quali le prossime iniziative? Il CGIE ha il ruolo di fare la sintesi sui temi degli italiani all’estero. In un quadro istituzionale spesso cosi’ frammentato e che comunica difficilmente, il CGIE ha il compito di riportare i temi dei diritti e i doveri degli italiani all’estero al cuore pulsante del loro significato, che è trasversale alle istituzioni. E richiamare le istituzioni al ruolo di dare una risposta concreta, superando le difficoltà e le barriere. Come Presidente della Commissione ½ Nuove migrazioni e generazioni nuove » desidero invitarvi all’ultimo appuntamento dell’anno del Corso per la partecipazione giovanile emigrata che si terrà domenica 13 giugno alle 21h dalla pagina Facebok del Seminario di Palermo www.facebook.com/seminario.palermo . Sarà l’occasione per la condivisione e il lancio delle ultime attività di ricerca e azione che la Commissione svolgerà entro la fine del proprio mandato. Oltreché, ovviamente, all’appuntamento che il CGIE tutto dedica alla Festa del 2 giugno, con una diretta alle ore 17h.