Sputnik V, il vaccino alla conquista del mondo snobbato dai russi

Perchè poche vaccinazioni in Russia e poca esportazione all'estero

APR 13, 2021 -

Roma, 13 apr. (askanews) – Lo Sputnik-V, il primo dei vaccini anti-Covid sviluppato dalla Russia, fa discutere, agita gli animi in giro per il mondo, desta sospetti, anche speranze. Grande agitazione, accompagnata dalla domanda da un milione di dollari: se è un vaccino così efficace come dice non solo Vladimir Putin ma anche il mondo scientifico, perchè i russi non si affrettano ad utilizzarlo? Risposta univoca non c’è, ma le possibili – e plausibili – ragioni sono tante. Messe tutte in fila, aiutano a capire perchè la Federazione russa, in offensiva globale sul fronte della guerra dei vaccini, sul fronte interno va a rilento, a dir poco.

A dicembre 2020 le autorità moscovite hanno annunciato una “vaccinazione di massa” contro il nuovo coronavirus, con l’obiettivo di immunizzare il 60% della popolazione russa entro luglio 2021, ovvero 65 milioni di persone. Nei primi tre mesi, sottolinea un’approfondita inchiesta di MediaProekt, sono stati vaccinati però solo 5 milioni di russi. Gli ultimi conteggi parlano di almeno una dose somministrata a 14 milioni di persone, ovvero il 6% della popolazione. Sempre secondo MediaProekt, si procede al ritmo 110-120mila vaccinazioni al giorno: con questi tempi, serviranno oltre 8 mesi per immunizzare almeno un terzo della popolazione adulta. C’è un doppio problema di deficit, sia di domanda che di offerta.

MOLTE PROMESSE, POCA OFFERTA

Lo Sputnik V è stato approvato ad oggi da 60 Paesi e le richieste dall’estero superano di gran lunga la disponibilità. A marzo erano state esportate poco più di 4 milioni di dosi. Paesi in lista di attesa come il Pakistan hanno ricevuto qualcosa come 150mila fiale in tutto e ne hanno prenotate a milioni.

Come ha spiegato Report nel suo servizio sullo Sputnik, i russi vogliono vendere la tecnologia per la produzione più che il vaccino già confezionato, cosa che implicherebbe capacità produttive non esistenti in Russia. La competizione tra produttori di vaccini è sfociata in una vera e propria guerra geopolitica, oltre che commerciale, giocata da chi può dare i vaccini e decide a chi vuol darli. Mosca, in cerca di alleati oltre che di fonti di guadagno, vuole darli a quanti più Paesi possibile e promette evidentemente più di quanto può realizzare in tempi brevissimi. La produzione all’estero può essere la soluzione, per questo gli ‘agenti’ russi vanno a proporsi direttamente a potenziali centri di produzione (come avvenuto nel caso dell’italo-svizzera Adienne) e al contempo dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov in giù, il vaccino entra in tutti i colloqui ufficiali con partner internazionali.

La volontà di fare affari – commerciali e diplomatici – all’estero è uno dei motivi che fa sospettare una scarsa motivazione di accelerare con le vaccinazioni in Russia, anche se ufficialmente il mercato interno è dichiarato prioritario.

SCARSA DOMANDA INTERNA: PERCHE’

Allo stesso tempo, i russi si mostrano restii. Per diverse ragioni. Secondo il Centro Levada, istituto demoscopico indipendente, la percentuale di russi che vuole farsi vaccinare è bassa ed è calata sensibilmente tra dicembre e febbraio: dal 38% al 30%. I giovani sono meno intenzionati a chiedere l’immunizzzione, mentre oltre i 55 anni si sale al 40% di favorevoli (e 49% contrari).

La prima ragione citata è il timore di effetti collaterali (37%), segue l’insofferenza per i tempi lunghi del processo di immunizzazione (23%) e per il 16% non c’è proprio ragione di vaccinarsi. Sempre secondo i sondaggi, il 56% dei russi non teme di contrarre il Covid. Oltre il 61% pensa che il virus sia un’arma biologica sfuggita da un laboratorio. Ma c’è anche un’alta percentuale di negazionisti: secondo altri rilevamenti, quasi due russi su 10 pensano che la pandemia sia in un modo o nell’altro “un’invenzione”.

Altro fattore che contribuisce alla poca motivazione dei russi è che le misure di lockdown in Russia, pur diverse a seconda delle regioni, sono comunque state meno dure e più brevi: la gente non sente così chiaramente come in Occidente che solo vaccinandoti puoi tornare ad una vita normale.

IL VACCINO E LO ZAR

C’è poi da aggiungere che i russi da sempre diffidano di quanto viene proposto dal potere. Il loro amore per i complotti e gli scenari deriva anche dalla poca trasparenza da sempre prassi ai vertici e dalla poca considerazione che lo zar di turno ha per le vite e il benessere del popolo.

Vladimir Putin non avrà i tassi di popolarità del dopo-Crimea, ma resta comunque molto popolare tra i russi. Eppure non ha spinto affatto per convincere i suoi concittadini a farsi vaccinare e ha sempre sottolineato che si treatta di un “atto volontario”, lasciando pensare, tra le molte altre cose, un timore di scarso seguito. Lui stesso si è deciso a porgere il braccio per l’immunizzazione dopo aver tergiversato parecchio, prima motivando con la fascia d’età, poi con la concomitanza del vaccino anti-influenzale. Il presidente russo ha certamente preso tempo e solo il 23 marzo ha ricevuto la prima dose del vaccino, tra l’altro con sorprendente discrezione per un leader molto attento alla sua immagine e i messaggi inviati tramite i media. Non solo non si è fatto riprendere durante l’inoculazione, ma non ha svelato quale dei tre vaccini russi gli è stato somministrato. Si sarà vaccinato davvero? Commentano in molti a Mosca e dintorni. Certamente non è parso intenzionato a spronare i russi a farlo. (di Orietta Moscatelli)