##Società etiope in Italia: serve iniziativa italiana per la pace

Preoccupano le tensioni attorno alla diga Gerd costruita da Salini

MAR 29, 2021 -

Roma, 29 mar. (askanews) – “L’Italia non può chiudere gli occhi” di fronte alle sofferenze del popolo etiope, “dovrebbe avviare un’iniziativa in sede europea” perchè in Etiopia torni “stabilità, fondamentale per la pace, la sicurezza e lo sviluppo economico” di tutto il Corno D’Africa. Questo l’appello arrivato dalla comunità etiopica in Italia nel corso di una conferenza stampa intitolata “L’Etiopia Oggi”, in cui esponenti della società etiopica, collegati da diverse città italiane, hanno denunciato il timore che le crisi che affliggono oggi l’Etiopia ne possano minare l’unità.

Nei loro interventi, i cittadini italo-etiopici hanno ricordato come i rapporti bilaterali tra Etiopia e Italia siano “ottimi”, soprattutto dopo la restituzione della stele di Axum nel 2005. Da Bologna, Zeleke Eresso Goffe ha ricordato che l’Italia è il secondo partner commerciale a livello europeo per l’Etiopia e il nono a livello mondiale, con oltre 200 aziende italiane presenti nel paese, tra cui Iveco e Salini Impregilo; che il primo accordo di cooperazione allo sviluppo risale al 1976 e oggi sono tante le ong italiane presenti in Etiopia, considerato Paese prioritario dalla cooperazione italiana; forte è anche la cooperazione culturale, scientifica e tra enti locali; e infine, ad Addis Abeba c’è una scuola italiana dove studiano circa 800 etiopi.

Alla luce di tali rapporti, da sempre improntati “alla massima collaborazione”, la comunità italo-etiopica ha così voluto far sentire la propria voce su quanto sta avvenendo nel paese del Corno d’Africa, a partire dalla crisi nella regione settentrionale del Tigray, ma inquadrata nelle crescenti tensioni tra Addis Abeba, Il Cairo e Khartoum attorno alla diga Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd), in costruzione dal 2011 in Etiopia proprio da parte dell’italiana Salini.

Non è un caso, hanno sottolineato, se subito dopo la risposta del governo di Abiy Ahmed all’attacco lanciato dal Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) a oltre 200 tra “postazioni, caserme e aeroporti della Divisione Nord” delle forze federali presenti nel Tigray e al confine con l’Eritrea, il Sudan abbia attaccato nella contesa regione di confine al-Fashaga, dopo che per decenni un accordo aveva consentito alle comunità dei rispettivi paesi di insediarsi e vivere in zone oltreconfine. E se tanto si è parlato delle truppe eritree presenti nel Tigray, a difesa del confine, non altrettanto si è detto invece, ha sostenuto Dagmawi Ymer da Verona, della presenza di truppe sudanesi a sostegno del Tplf.

Dagmawi ha sottolineato come “l’ala militare” del governo di transizione di Kharthoum sia “stato da sempre a favore del Tplf”, ma in questo momento, con il governo di Addis Abeba impegnato a risolvere le crisi interne e a ristabilire il controllo su tutto il paese, “non solo nel Tigray, l’Etiopia non può permettersi di entrare in conflitto con il Sudan”. Un Sudan che proprio nelle scorse settimane ha rafforzato la propria cooperazione militare con l’Egitto, mentre i negoziati tra le tre capitali per arrivare a un accordo sulla diga sono ancora in una fase di stallo. Una diga finanziata dal governo e dal popolo etiope, che sarà completata, nonostante tutto, “perchè il popolo etiope deve uscire dal buio”, ha sottolineato Carmelo Giordano da Latina.

Una volta completata, la Gerd sarà la diga più grande del continente africano, con una potenza complessiva di 6.000 MW. Un’infrastruttura su cui Addis Abeba punta per sostenere il proprio sviluppo, con l’obiettivo di diventare un paese a medio reddito entro il 2025.

Di fronte a questa situazione, con la crisi nel Tigray, gli scontri ad al-Fashaga, ma anche i massacri nella regione di Benishangul-Gumuz, sempre al confine con il Sudan, e le crescenti tensioni con Egitto e Sudan, la società etiopica in Italia ha quindi espresso il timore di altra instabilità e nuove crisi, sollecitando maggiore attenzione su quanto sta accadendo nel Paese, ricordando che “noi siamo ambasciatori, apparteniamo a tutti e due i mondi, Italia ed Etiopia, e vogliamo avvicinarli”.

“E noi – ha concluso Aster Carpanelli da Roma – siamo straconvnti che la stabilità dell’Etiopia sia fondamentale per la pace, la sicurezza lo sviluppo economico del Corno D’africa e di tutta l’Africa”.