La Cina supera gli Usa: ha la più grande flotta militare al mondo

Nel 2024, 400 navi contro 355 Usa. Forza triplicata in 20 anni

MAR 8, 2021 -

Roma, 8 mar. (askanews) – La supremazia in mare è il nuovo fronte di sfida aperto dalla Cina nei confronti degli Stati Uniti. Pechino ha costruito la più grande flotta navale militare al mondo, superando Washington. Un vantaggio in termini numerici, quest’anno pari a circa 60 navi, destinato a crescere entro il 2024, quando la Repubblica popolare avrà una flotta di almeno 400 mezzi navali. Un obiettivo che risponde a un’esigenza enunciata nel 2018 dal presidente Xi Jinping in occasione di una sua visita, ad aprile, ai militari imbarcati su un cacciatorpediniere. “Il compito di costruire una potente Marina non è mai stato così urgente come oggi”, aveva detto Xi. Davanti a lui, quel giorno, c’era la più grande flottiglia che la Cina avesse mai messo in mare in una sola volta: 48 navi, decine di aerei da combattimento, più di 10.000 militari. Tre anni dopo, il presidente cinese può dire di aver tenuto fede all’impegno, completando un percorso iniziato nel 2015.

Sei anni fa, la Marina dell’Esercito di Liberazione del Popolo poteva contare su 255 navi, secondo l’Office of Naval Intelligence (Oni) degli Stati Uniti. A fine 2020, le navi militari cinesi sono diventate 360, oltre 60 in più rispetto a quelle di cui dispone la Marina degli Stati Uniti, secondo la stessa fonte. E un ulteriore incremento, fino a 400 navi da guerra, è previsto al termine del quadriennio appena iniziato. “La forza militare della marina cinese si è più che triplicata in soli due decenni”, si legge in un rapporto di dicembre citato dalla Cnn, redatto dai responsabili della Marina, dei Marines e della Guardia Costiera statunitensi. “Già al comando della più grande forza navale del mondo, la Repubblica popolare cinese sta costruendo moderni mezzi di superficie, sottomarini, portaerei, jet da combattimento, navi d’assalto anfibie, sottomarini con missili nucleari balistici, grandi navi della Guardia costiera e rompighiaccio polari”.

Alcuni di questi nuovi mezzi ed equipaggiamenti saranno uguali o migliori di qualsiasi corrispondente negli Stati Uniti o presso altre potenze navali. “La Marina cinese non sta ricevendo spazzatura dall’industria cantieristica locale, ma navi sempre più sofisticate e capaci”, ha scritto da parte sua, in un articolo di febbraio, Andrew Erickson, professore presso il China Maritime Studies Institute dell’US Naval War College. E tra queste nuove navi figurano il cacciatorpediniere Tipo 055 – che secondo alcuni analisti migliora gli incrociatori americani di classe Ticonderoga, quanto alla potenza di fuoco – e navi d’assalto anfibie che potrebbero trasferire e far sbarcare migliaia di soldati cinesi su coste straniere e nemiche.

A fronte di questa crescita esponenziale della flotta militare cinese, gli Stati Uniti non hanno saputo – o potuto – contrapporre numeri analoghi. Entro la fine del quadriennio, Washington dovrebbe raggiungere l’obiettivo di una dotazione di 355 navi militari, confermando dunque uno svantaggio numerico sostanziale. Gli Usa possono però consolarsi con il primato sul numero di effettivi della Forza Armata: gli Stati Uniti ne contano più di 330.000, la Cina ‘solo’ 250.000. Inoltre, la Marina degli Stati Uniti schiera ancora più tonnellaggio – navi armate più grandi e pesanti come cacciatorpedinieri e incrociatori con missili guidati – rispetto a Pechino, con un vantaggio significativo nella capacità di lancio di missili da crociera.

Secondo Nick Childs, analista della Difesa presso l’International Institute for Strategic Studies, gli Usa hanno anche più di 9.000 celle missilistiche a lancio verticale sulle loro navi di superficie contro le 1.000 della Cina. Infine, la flotta di sottomarini d’attacco degli Stati Uniti conta su 50 mezzi interamente a propulsione nucleare, il che offre agli Usa un vantaggio significativo in termini di autonomia e resistenza rispetto al contendente cinese. Pechino possiede infatti solo sette sottomarini a propulsione nucleare sui 62 complessivi della sua flotta.

“Il grande vantaggio che la marina cinese detiene rispetto alla marina americana è invece nelle pattuglie e nei mezzi combattenti costieri, a livello di corvette o inferiori”, ha spiegato Childs. Il piano industriale cinese ha consentito di aumentare del doppio i mezzi navali di questo tipo dal 2015 e questo – secondo gli esperti – sarebbe un segnale preoccupante per Washington, che è alle prese con problemi di budget e di pandemia da coronavirus molto più grandi di quelli della Cina. Una tendenza che – è il timore degli analisti – si confermerà anche nei prossimi anni, dopo l’annuncio della Cina sull’aumento del suo budget annuale per la Difesa del 6,8% del Pil.

“Tra il 2014 e il 2018, la Cina ha lanciato più sottomarini, navi da guerra, navi anfibie e ausiliari rispetto al numero di navi attualmente in servizio nelle singole marine di Germania, India, Spagna e Regno Unito”, secondo il China Power Project. “Alla velocità con cui la Cina sta costruendo navi da guerra, e con le capacità delle navi più recenti, direi che probabilmente si tratta ora della Marina più potente della sua regione, e che si pone sulla buona strada per costruire una flotta di proiezione della sua potenza di livello mondiale”, ha detto Thomas Shugart, esperto Center for a New American Security ed ex capitano della Marina Usa.

Ma la domanda che gli analisti si pongono è un’altra: dopo avere costruito la flotta più potente al mondo, cosa se ne farà Pechino? La Cina è sempre stata irremovibile nel considerare il suo esercito solo difensivo. “Lo sviluppo della difesa nazionale cinese mira a soddisfare le sue legittime esigenze di sicurezza e contribuire alla crescita delle forze pacifiche del mondo”, si afferma nel libro bianco sulla Difesa del 2019, intitolato “La difesa nazionale cinese nella nuova era”. “La Cina non minaccerà mai nessun altro paese né cercherà alcuna sfera di influenza”, si aggiunge.

Un apparente intento pacifico su cui gli analisti muovono alcuni rilievi. Intanto, la protezione della Cina continentale e le sue rivendicazioni territoriali nella regione sono ciò che Pechino chiama “difesa del vicino mare”. Inoltre, la Cina “non controlla gli stretti e le rotte di transito da cui dipende la sua economia” e “una volta che si verifica una crisi o una guerra in mare, il trasporto marittimo (cinese) potrebbe essere interrotto”, hanno ricordato Jennifer Rice ed Eric Robb, analisti dell’Us Office of Naval Intelligence, sottolineando a questo proposito l’evidente utilità di una presenza rafforzata delle flotta cinese. Infine, per esportare la propria potenza militare allo scopo di curare i suoi interessi globali, la Cina ha iniziato ad attuare anche la “protezione dei mari lontani”, una circostanza che “riflette la direzione intrapresa da Pechino, nell’ambito di una più ampia politica di incoraggiamento dell’espansione dell’economia cinese e del raggio d’azione culturale” di Pechino. (di Corrado Accaputo)