Etiopia, EHRC: almeno 600 i morti nel massacro di civili nel Tigray

Avvenuto il 9 novembre e denunciato da Amnesty

NOV 24, 2020 -

Roma, 24 nov. (askanews) – Sono “almeno 600” le persone rimaste uccise nel massacro di civili già denunciato da Amnesty international all’inizio del mese, avvenuto nella città di Maikadra, nella zona occidentale del Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia dove è in atto dal 4 novembre scorso lo scontro tra le truppe federali e le forze alleate al partito di governo locale, il Tplf.

Il bilancio, ancora provvisorio, è stato precisato dalla Commissione etiope per i diritti umani (EHRC) nel primo rapporto redatto dopo la missione condotta nella regione dal 14 al 19 novembre, nel corso della quale sono state raccolte “testimonianze e altre prove da vittime, testimoni oculari, parenti delle vittime, soccorritori, personale militare e varie altre fonti, tra cui le autorità governative”. Gli esperti hanno anche visitato ospedali e strutture sanitarie e hanno parlato con i sopravvissuti e autorità competenti.

Stando alla ricostruzione fatta nel rapporto, “il massacro è iniziato il 9 novembre attorno alle 15 ed è andato avanti tutta la notte fino a quando i responsabili non sono andati via alle prime ore del 10 novembre. L’ingresso in città delle forze etiopi, attorno alle 10, ha reso possibile iniziare le operazioni di soccorso e cura delle vittime”.

Già la mattina, però, la polizia della città aveva cominciato a controllare “le carte d’identità per individuare i non tigrini”, facendo poi irruzione nelle abitazioni di un’area abitata in gran parte da persone di etnia Amhara.

e truppe della regione degli Amhara, a Sud del Tigray, stanno combattendo al fianco del governo contro il Tplf, e fin dall’inizio dell’operazione, si legge nel rapporto, gli abitanti non tigrini avevano cominciamo a temere rappresaglie.

Già alcuni giorni prima del massacro a molti era stato impedito di muoversi, con checkpoint creati e gestiti dai membri di un gruppo di giovani tigrini nominato “Samri”, indicato come principale responsabile del massacro. Secondo la ricostruzione, avrebbero agiti divisi in gruppi composti da 20-30 giovani, affiancati da tre, quattro agenti di polizia e di miliziani.

“E’ emerso con chiarezza – si afferma nel rapporto – che l’attacco era basato sull’etnia e prendeva di mira specificamente gli uomini che gli aggressori avevano profilato attraverso, tra le altre cose, le carte d’identità, come Amhara e Wolkait, ossia di discendenza Amhara, ma sono state uccise anche un certo numero di persone di altri gruppi etnici”. E sono stati presi di mira gli uomini, risparmiando donne e bambini.

“Sebbene non sia ancora possibile verificare il numero esatto dei morti, dei feriti e di quanti hanno subito danni, membri del Comitato di sepoltura, creato dopo l’attacco, testimoni oculari e altre fonti locali stimano un minimo di 600 morti e sostengono che è probabile che il numero sia ancora più alto”, sono le conclusioni degli esperti, che hanno anche visitato un luogo di sepoltura di massa e hanno visto “corpi ancora sparsi per le strade”.

“Durante la visita, il team della Commissione ha anche notato che l’odore pungente dei corpi in decomposizione aleggiava ancora nell’aria”.