Antonelli (Vis): se esplode l’Etiopia, catastrofe nel Corno d’Africa

La Ong italiana è presente da anni '90 nel Tigray oggi teatro di scontri

NOV 12, 2020 -

Roma, 12 nov. (askanews) – “Se esplode l’Etiopia, c’è il rischio di una vera e propria catastrofe, non solo umanitaria, in tutta l’Africa orientale”: questo il monito di Gianluca Antonelli, direttore dei programmi della ong italiana VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), interpellato da askanews sul conflitto in corso da oltre una settimana nella regione del Tigray.

Il Vis è presente nel paese del Corno d’Africa dall’inizio degli anni ’90, e nel Tigray opera fin dall’inizio delle sue attività “perché i nostri partner locali, i salesiani di Don Bosco e il Segretariato cattolico della Chiesa cattolica, una ong locale molto grande, sono molto impegnati in questa area”. L’ong italiana si occupa prevalentemente di educazione e formazione professionale, ma “negli ultimi 10 anni abbiamo accresciuto il nostro impegno anche nell’ambito dell’assistenza umanitaria, soprattutto nelle zone dove ci sono campi profughi, quindi nella regione Gambella e nel Tigray”, aumentando anche, soprattutto nel Tigray, l’impegno per “la prevenzione della migrazione irregolare”.

Vis opera in Etiopia con personale locale e personale espatriato: “Attualmente ci sono tre italiani, che sono ad Addis Abeba, e una ventina di operatori locali, di cui sei sono nel Tigray”. Dall’inizio del confitto, il 4 novembre scorso, “non riusciamo a comunicare direttamente con il nostro personale perchè sono state interrotte tutte le vie di comunicazione, anche le comunicazioni via internet e quelle telefoniche”.

“Quello che sappiamo da altre fonti è che la situazione è chiaramente preoccupante, ma il nostro personale ci risulta in sicurezza, anche perché essendo personale tigrino conosce molto bene la regione – ha spiegato il direttore dei programmi del Vis – se non hanno particolari problemi di sicurezza legati al conflitto, certamente stanno però patendo le conseguenze di questa situazione, per l’impossibilità di muoversi, per l’interruzione dell’energia elettrica, delle comunicazioni telefoniche e via internet, dell’approvvigionamento del carburante e per la chiusura delle banche”.

Riguardo agli scontri, “ad oggi sappiamo che ci sono stati, anche particolarmente cruenti, in alcune zone del Tigray, soprattutto al confine con il resto dell’Etiopia, e ai confini con il Sudan. Tanto è vero che ci sono sfollati da Etiopia verso il Sudan”, ha aggiunto Antonelli.

I media sudanesi hanno riferito di migliaia di profughi etiopi già arrivati nel paese e la Commissione per i rifugiati sudanese teme che possano arrivare più di 200.000 persone nei prossimi giorni nello stato di Gadaref, al confine con il Tigray.

Ma “altri movimenti sono stati registrati all’interno della regione, con la gente che comincia a spostarsi dalle zone interessate dagli scontri armati per accedere a zone più sicure” e se “dal Tigray non si può andare in altre zone dell’Etiopia, ci risultano movimenti interni verso Adua”, ha aggiunto il direttore dei programmi Vis.

Alla domanda se le ong presenti nel paese temessero uno scontro, a fronte delle crescenti tensioni registrate negli ultimi mesi tra Addis Abeba e il Tplf (Fronte popolare di liberazione del Tigray, partito che governa la regione), Antonelli ha risposto: “Avevamo una fortissima preoccupazione, ma non pensavamo certamente che sfociasse in un conflitto di queste dimensioni, nè di questa natura. Eravamo molto preoccupati perché negli ultimi due anni, dall’insediamento del primo ministro Abiy Ahmed, le tensioni etniche e politiche avevano subito una notevole recrudescenza. In Oromia, tra gli Ahmara, nella zona di Gambella. Noi nel corso di questi due anni abbiamo dovuto sospendere, in varie occasioni, le operazioni sul campo del nostro personale espatriato nella zona di Gambella, perché scoppiavano periodicamente disordini e ci sono stati anche massacri. Nel Tigray la situazione era molto tesa, non si erano registrati massacri o conflitti di rilievo, ma la dialettica politica indubbiamente aveva assunto dei toni particolarmente forti. Soprattutto in concomitanza con le elezioni che si sono tenute nel Tigray a settembre, nonostante il divieto del governo centrale”.

A oltre una settimanda dall’inizio delle ostilità, il Vis e tutte le altre ong italiane che operano nel Paese, ha rimarcato Antonelli, sono “tutte molto, ma molto preoccupate, perché non si era mai arrivati a uno scontro di questa natura” e “la preoccupazione è forte non solo per le conseguenze all’interno del paese”. Perchè “l’Etiopia è un paese che ha costituito un fattore di grande stabilità per tutto il Corno D’Africa”, regione caratterizzata da condizioni di instabilità e gravi crisi umanitarie.

“Non abbiamo a che fare con un semplice problema interno, nazionale – ha sottolineato – qui i rischi di conseguenze più generali, che impattano sulla regione, su tutta l’Africa orientale, sono davvero enormi”.

“La posta in gioca è molto elevata. Per questo il nostro auspicio è che prevalga il dialogo politico”, ha concluso.