Referendum, Schiavone (Cgie): se vince “sì”, ci aspettiamo riforme

Su partecipazione al voto e architettura rappresentanza

AGO 18, 2020 -

Roma, 18 ago. (askanews) – In caso di vittoria del “sì” al referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari, in programma il 20 e 21 settembre, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero si aspetta “riforme profonde non solo della partecipazione al voto”, ma anche “dell’architettura della rappresentanza, dal primo grado fino al parlamento”. Lo ha sottolineato, in un’intervista ad askanews, il segretario generale del Cgie, Michele Schiavone.

“La riduzione dei parlamentari di per sé – soprattutto nella circoscrizione estera – mette in dubbio la rappresentanza delle nostre comunità, in quanto si ridurrebbe del 36 per cento il numero dei rappresentanti che è già esiguo. A differenza della rappresentanza prevista in Italia, già oggi esiste un forte squilibrio…”, ha ricordato, “Sono del parere che con la proposta di riduzione noi dovremmo confrontarci, perché il Paese ha bisogno di riforme e anche di una rappresentanza molto più solida rispetto alla deriva con la quale deve confrontarsi, soprattutto negli ultimi anni. Tuttavia il numero dei parlamentari che rappresenta la circoscrizione estera, dalla sua istituzione, è risicato: 20 anni fa, quando ci fu la modifica della costituzione e l’inserimento di questi nostri parlamentari (12 deputati e 6 senatori) in realtà fu trovata una soluzione ‘mediana’ per dare almeno una parvenza di rappresentatività a interi continenti. Cosa che verrebbe meno con una modifica quale quella che chiede il referendum, che creerebbe diverse difficoltà nella rappresentanza”.

Con l’approvazione della riforme, il numero dei parlamentari all’estero scenderebbe a 8 deputati e 4 senatori, con un taglio di un terzo, sei in meno. “Già oggi i parlamentari hanno difficoltà a seguire i territori e in futuro, riducendo il loro numero, diventerà quasi impossibile poter svolgere le proprie mansioni quando si ha a a che fare con diversi Paesi, diverse lingue, diverse istituzioni”, ha ammesso Schiavone, “Se il filo conduttore sono gli italiani all’estero, diventa ancora più complicato svolgere attività di questa natura. Non è però solo questa la questione: in realtà da tempo il Cgie chiede di riformare tutta la legge della rappresentanza, quella di base (i Comites), quella intermedia (il Cgie) e anche le procedure per l’elezione dei parlamentari. Non parliamo in astratto, ma sono considerazioni sulle quali negli ultimi anni il Consiglio generale si è soffermato e ha lanciato delle proposte che ha consegnato al governo. Queste proposte sono bloccate e noi avremmo piacere di poterne discutere con le diverse commissioni parlamentari, perché non basta solamente tagliare il numero ma bisogna anche sostanziare quella che è l’architettura vera della rappresentanza. A maggior ragione perché 20 anni fa, quando è stata inserita la rappresentanza degli italiani all’estero in Parlamento, eravamo circa in 3 milioni 350mila, mentre oggi questo numero è quasi raddoppiato e si parla dalle ultime rilevazioni presso le anagrafi consolari di 6 milioni e 200mila. Lascio ben capire che c’è fortissimo malcontento tra le comunità, specie perché un’operazione di questa natura allontanerebbe davvero la rappresentanza dai territori”.

Il segretario generale del Cgie ha comunque molto chiaro il clima politico, oltre a essere consapevole che quello di fine settembre è un referendum confermativo, dunque non ha bisogno che si raggiunga il quorum. “Mi rendo conto che la situazione non è drammatica…l’orientamento diffuso in Italia, la propensione è verso una riduzione perché la politica nel nostro Paese viene vissuta oggi in maniera molto superficiale, se non improvvisata, ed è uno dei motivi per cui è stato indetto questo referendum”, le sue parole, “Questo non ci meraviglia. Quello che in realtà ci porta a riflettere è come dare rappresentanza a comunità diverse, che aumentano sempre di più: bisogna pensare che il numero degli italiani all’estero per sostanza equivale a una rappresentanza inferiore solo alla Lombardia…Verso queste comunità il nostro Paese avrebbe degli obblighi, per inserirle e integrarle all’interno del sistema della rappresentanza. Se questo referendum dovesse essere approvato, la prima cosa che ci aspetteremmo sono delle riforme profonde non solo della partecipazione al voto – che è urgente – ma anche dell’architettura della rappresentanza dal primo grado fino al parlamento. Sono situazioni che il legislatore deve prendere in considerazione e in prospettiva indicare, perché a oggi questo non è dato sapere e nessuno sa che cosa succederà. Per queste ragioni sarebbe stato utile anticipare le modalità, la struttura con cui il nostro Paese intende dare rappresentanza”.

Poi la sottolineatura. “Per essere chiaro e sincero”, ha aggiunto Schiavone, “noi ci sentiamo figli di un Dio minore e questo crea in realtà tantissime tensioni che la politica non riesce a risolvere, senza rispondere nemmeno ai bisogni di chi le fa presenti. Per questo stiamo cercando in tutti i modi di informare le comunità con gli strumenti a nostra disposizione sui contenuti e i risvolti delle scelte che dovranno compiere. A una ventina di giorni di distanza dalla ricezione dei plichi elettorali, non c’è informazione e si conoscono solo le date e il voto per corrispondenza. Ma al di là di queste indicazioni generiche che sono alla base della partecipazione, non sappiamo se il governo e il ministero degli Affari Esteri intendono informare i cittadini…Spetta alle istituzioni e su questa questione sollecitiamo il governo e soprattutto il ministero degli Affari Esteri – che gestisce la “partita” – a informare, perché diversamente sarà un flop: alla fine la partecipazione sarà messa in discussione proprio perché le informazioni non circolano”.