Svezia, si chiude il cold case di Olof Palme: lo uccise Skandia man

Dopo 34 anni il mistero dell'assassinio, opera di un lupo solitario

GIU 10, 2020 -

Roma, 10 giu. (askanews) – “E’ stato Stig Engstrom”. Con queste parole il procuratore capo svedese Krister Petersson ha chiuso l’indagine sull’omicidio del premier svedese Olof Palme, avvenuto il 28 febbraio del 1986, mettendo fine a uno dei misteri e dei cold case più lunghi del secolo scorso.

Stig Engstrom, noto anche come “Skandia Man” e che era stato tra i sospettati dell’omicidio avvenuto a Stoccolma, si è suicidato nel 2000. “La persona in questione è morta, non possiamo incriminarlo e abbiamo deciso di chiudere l’indagine”, ha spiegato il procuratore capo aggiungendo che Engstrom “agì come riteniamo che agì l’assassino” del premier, che sparò in una delle strade più affollate del centro di Stoccolma, Sveavagen, dopo che Palme aveva mandato a casa la scorta ed era stato al cinema con la moglie Lisbet, il figlio Marten e la sua fidanzata.

Palme, all’epoca 59enne, colpito alla schiena, morì sul colpo. Sulla scena vennero trovati i bossoli di una 357 Magnum che non è mai stata ritrovata. Ci furono decine di testimoni che videro un uomo armato fare fuoco e poi sparire.

Petersson ha spiegato anche che inizialmente Stig Engstrom non era stato al centro delle indagini ma quando gli investigatori avevano scavato nel suo passato avevano scoperto che era abituato a usare le armi, era stato nell’esercito ed era iscritto a molti poligoni.

Inoltre, e questo collima con la teoria del lupo solitario che agisce per questioni ideologiche, Skandia Man (chiamato così perché lavorava per la compagnia assicurativa Skandia) faceva parte di un circolo politico critico delle idee di Palme e delle sue iniziative. Inoltre Engstrom aveva avuto problemi economici e dipendenza dall’alcol.

La sera dell’omicidio Engstrom aveva lavorato fino a tardi nella sede della Skandia che si trova vicino al luogo del delitto. Era stato identificato come sospettato dal giornalista Thomas Pettersson ma la polizia aveva iniziato a indagare su di lui solo 18 anni dopo. Gli investigatori scoprirono che aveva mentito su cosa accadde dopo l’assassinio, sostenendo di aver tentato di rianimare il primo ministro.

La ex moglie dell’uomo aveva dichiarato all’Expressen nel 2018 di essere stata interrogata dai detective nel 2017 e di non aver sospettato che l’uomo fosse tra i possibili colpevoli. “Era un codardo, non avrebbe fatto male a una mosca”, disse.

L’assassinio di Palme scioccò la Svezia e diede vita a una serie di teorie cospiratorie. Nel corso degli anni ci fu anche un incriminato Christer Pettersson, condannato all’ergastolo nel 1989 ma poi rilasciato per mancanza di un movente e di un’arma.

Il caso ha ossessionato giornalisti, polizia e scrittori, come il noto Stieg Larsson, che consegnò le sue ricerche alla polizia. Le teorie della cospirazione hanno visto chiamare in causa forze oscure che vanno dalla Cia ai separatisti curdi e ai servizi di sicurezza sudafricani in oltre 34 anni.

La teoria più accreditata era quella legata ai servizi sudafricani, a causa delle posizioni di Palme contro il regime di apartheid. La polizia svedese è stata in Sudafrica sia nel 1996 sia a marzo di quest’anno. In quest’ultima occasione i servizi sudafricani hanno consegnato dei file agli investigatori svedesi ma non è noto se siano stati questi dati a portare alla conclusione dell’indagine.

Un’altra pista era quella legata dossier sulle industrie pesanti, in base al quale Palme aveva scoperto che l’azienda produttrice di armi svedese Bofors aveva offerto tangenti per un accordo con l’India. Il carismatico primo ministro socialdemocratico, inoltre aveva posizioni scomode su molte questioni internazionali. Aveva fatto infuriare gli industriali svedesi con riforme poco gradite e aveva dichiarato di essere contro l’energia nucleare. Era stato critico nei confronti dell’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica nel 1968 e dei bombardamenti degli Stati Uniti in Vietnam.