Coronavirus, laboratorio di Wuhan torna al centro dei sospetti Usa

E' una struttura al massimo livello di biosicurezza

APR 17, 2020 -

Roma, 17 apr. (askanews) – Tornano ad addensarsi i sospetti sull’Istituto di Virologia di Wuhan come possibile origine del contagio che ha scatenato la pandemia di coronavirus che sta cambiando il mondo. A rilanciarli stavolta sono gli Stati Uniti, prima con alcuni dispacci diplomatici del 2108, pubblicati martedì dal Washington Post, nei quali veniva sollevato l’allarme sulle condizioni di sicurezza del laboratorio cinese, poi con le accuse formulate direttamente dal capo delle diplomazia Usa, Mike Pompeo. Ma ne ha accennato anche il presidente francese Emmanuel Macron, che ieri sera ha evocato “cose che non sappiamo” accadute in Cina.

Pechino ha subito fatto luce su alcune delle cose che non sapevamo fino a ieri, annunciando stamani che il numero di morti per coronavirus nella città da cui è partita la pandemia è più alto del 50% rispetto a quanto dichiarato, ma ha ribadito che il virus che ha ucciso oltre 145 mila persone nel mondo non è frutto di un esperimento di laboratorio.

I dubbi Usa però non riguardano tanto l’origine naturale del virus, apparentemente assodata sul piano scientifico, quanto possibili violazioni dei protocolli di sicurezza che potrebbero aver portato fuori dalla struttura di massima sicurezza un agente patogeno letale. Secondo Filippa Lentzos, esperta di biosicurezza del King’s College di Londra, la questione dell’origine reale della pandemia “è molto difficile”. “C’è stato un dibattito sottotraccia nella comunità degli esperti di biosicurezza, nel quale c’è chi ha messo in dubbio l’origine del virus nel mercato del pesce sostenuta con forza dalla Cina” ha detto alla Bbc.

Non è un segreto che il laboratorio di Wuhan studiasse il coronavirus della Sars, parente strettissimo del virus che sta devastando il mondo, anch’esso ospitato inizialmente dai pipistrelli. Gli studi cinesi sono ben documentati da anni, anche perchè l’epidemia di Sars del 2003 partì proprio dalla Cina e il laboratorio di Wuhan fu concepito con l’idea di studiarla. L’istituto di virologia di Wuhan, costato 44 milioni di dollari, è stato inaugurato nel 2014 e nel 2018 ha ottenuto livello Bsl-4. “La trasparenza è il fondamento del laboratorio” dichiarava nel 2017 alla rivista Nature il direttore Yuan Zhiming. I suoi scienziati hanno lavorato sulla Sars, ma anche su ebola.

L’istituto è l’unico laboratorio del Paese con un livello di biosicurezza massimo. Le strutture di questo tipo sono meno di sessanta in tutto il mondo: due in Italia, lo Spallanzani a Roma e il Sacco di Milano.

Il livello di contenimento aumenta man mano che si passa dal livello 1 al livello 4 di biosicurezza: l’ultimo, il più elevato, è dedicato ai laboratori dove si studiano patogeni per il quali non ci sono cure o vaccini, ebola, il virus di Marburgo, e nel caso di due strutture, una negli Usa e una in Russia, il vaiolo.

L’Oms ha pubblicato un manuale sui vari livelli di sicurezza, che però non sono regolati da alcun trattato internazionale. “Sono stati sviluppati nei migliori interessi per la sicurezza di chi ci lavora, per i lavoratori che non vogliono infettare se stessi e la comunità e per evitare rilasci accidentali nell’ambiente” ha spiegato Lentzos. “Ma l’aderenza alle norme è legata ai finanziamenti. Se vuoi lavorare con partner internazionali devi rispettare i protocolli di sicurezza. Se hai prodotti da vendere, come test, devi operare sulla base degli standard internazionali”. E in effetti il laboratorio di Wuhan ha ricevuto collaborazione e fondi dagli Usa.

Le modalità con le quali è possibile violare i protocolli di sicurezza sono molteplici: l’identità degli accessi, l’addestramento e gli aggiornamenti di scienziati e tecnici, i registri, le liste delle scorte di patogeni, le pratiche per la notifica degli incidenti, le procedure di emergenza.

E gli incidenti capitano. Nel 2014 fiale di vaiolo dimenticate sono state rinvenute in una scatola di cartone in un laboratorio a Washington, nel 2015 la Difesa Usa spedì accidentalmente campioni di antrace vivo, invece che spore morte, a nove laboratori negli Usa e a una base in Corea del Sud. Proprio in Cina il virus della Sars, manipolabile in laboratori di livello Bsl-3, è sfuggito più di una volta da centri di ricerca a Pechino.