Budapest firma monito di Paesi Ue a Ungheria, che non è nominata

Contro gli abusi dello stato di emergenza legato al Covid-19

APR 3, 2020 -

Bruxelles, 3 apr. (askanews) – Capolavoro d’ironia surrealista del premier ungherese Viktor Orbán, che grazie allo stato di emergenza per il Covid-19, votato a forte maggioranza il 30 marzo dal Parlamento di Budapest, gode ora di poteri dittatoriali sul Paese, senza alcun limite di durata. Il suo governo ha chiesto di firmare la dichiarazione che ieri i ministri degli Esteri di tredici Paesi dell’Ue (Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia) hanno scritto per sottolineare i rischi per la democrazia derivanti da misure d’emergenza sproporzionate, applicate senza il controllo parlamentare e attivate senza una data di scadenza prestabilita.

Siccome il documento non fa alcun riferimento esplicito all’Ungheria, il governo di Budapest, firmandolo, certifica di non sentirsi preso di mira dall’avvertimento, e di considerare dunque che lo stato di emergenza decretato il 30 marzo non è diverso da quello attivato in molti altri paesi dell’Ue.

“In questa situazione senza precedenti, è legittimo che gli Stati membri adottino misure straordinarie per proteggere i loro cittadini e superare la crisi. Siamo ad ogni modo profondamente preoccupati riguardo ai rischi di violazione dei principi dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali, che potrebbe verificarsi con l’adozione di alcune particolari misure di emergenza”, scrivono nella loro dichiarazione i 13 Stati membri, a cui da stamattina si sono aggiunti anche i tre paesi baltici.

“Le misure di emergenza – sottolineano – devono essere limitate a ciò che è strettamente necessario, devono essere proporzionate all’emergenza e temporanee per natura, oltre che sottoposte a regolare scrutinio (ovvero a controllo parlamentare, ndr); inoltre devono rispettare i principi summenzionati e gli obblighi derivanti dal diritto internazionale”, e “non devono restringere la libertà di espressione, né la libertà di stampa”.

“Dobbiamo superare insieme questa crisi, e insieme dobbiamo tener vivi i principi e i valori europei in questo percorso. Perciò sosteniamo un’iniziativa della Commissione europea volta a monitorare i provvedimenti di emergenza e la loro applicazione, per assicurare il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione, e invitiamo a il Consiglio Affari generali dell’Ue a interessarsi alla questione quando sarà opportuno”, concludono i 13 paesi.

La loro dichiarazione è molto simile a quella che il primo aprile aveva emesso, e anche letto in un videomessaggio, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, anche in questo caso senza mai menzionare esplicitamente le misure prese a Budapest. Von der Leyen, tuttavia, ne aveva parlato poi ieri in una conferenza stampa teletrasmessa da Bruxelles, affermando di essere “particolarmente preoccupata” dal caso ungherese.

Sempre ieri, tredici leader politici di partiti di centrodestra membri del Partito popolare europeo hanno firmato una lettera in cui si chiede espellere Fidesz, il partito di Orbán, dal Ppe. Finora Orbán e il Fidesz sono stati solo sospesi, fin dall’anno scorso.

La lettera, inviata al presidente del Ppe Donald Tusk, è firmata da leader dei partiti affiliati in Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Slovacchia e Svezia. Mancano invece la firma dei partiti affiliati al Ppe italiani, di quello francese e dei due tedeschi Cdu e Csu (bavaresi).