La nuova estrema destra: ambientalismo come via all’autoritarismo

Inchiesta sul New York Times su suprematismo bianco e clima

FEB 29, 2020 -

Milano, 29 feb. (askanews) – La nuova destra estrema diventa ambientalista. Quello che può sembrare un paradosso, ma che in realtà affonda nella storia dei movimenti ultranazionalisti, sta emergendo in modo sempre più evidente, in America, negli ambienti della Alt Right, ma anche in altre aree del mondo. Il New York Times, a firma della giornalista specializzata in temi ambientali Beth Gardiner, ha pubblicato oggi un’inchiesta su questo fenomeno che fa luce su come la battaglia per la difesa dell’ambiente della patria (“homeland”, parola evocativa anche senza traduzione) si intrecci sempre di più negli ambienti del Suprematismo bianco con quella contro gli immigrati e gli stranieri.

Lo scarto rispetto al conservatorismo negazionista tradizionale è forte, ma quello che emerge, nella lettura del più prestigioso quotidiano al mondo, è che l’accettazione del riscaldamento globale viene fatta attraverso il prisma del nazionalismo bianco: “La soluzione che ne deriva – ha notato John Hultgren, professore esperto di migrazioni al Bennington College – è l’esclusione delle persone di colore, il cosiddetto Terzo Mondo”. Oltretutto, la nuova postura che invoca la difesa dell’ambiente consente anche alla nuova destra di continuare a combattere la propria battaglia contro i “poteri occulti”, i globalisti e le corporation, elementi normalmente associati all’establishment conservatore, per così dire, classico.

L’inchiesta cita, tra i casi specifici, quello dell’organizzazione americana neonazista Northwestern Front, ma anche attivisti di estrema destra slovacchi che invocano la centralità delle foreste nella loro identità nazionale, oltre a gruppi che in Oceania – sia Australia sia Nuova Zelanda – utilizzano la retorica ambientalista per rilanciare i propri slogan di supremazia bianca. Inquietante il modo in cui in certi ambienti viene utilizzata la parola “sostenibilità” (elemento, questo che, comunque, dovrebbe fare riflettere anche sull’utilizzo che ne viene fatto correntemente da noi, ndr): “Se ci possiamo liberare di un certo numero di persone – ha dichiarato un sospetto per la strage di El Paso, 22 morti, obiettivo i latinos – la nostra vita potrà diventare più sostenibile”.

Del resto, le istanze tradizionaliste care all’estrema destra storicamente guardano a temi che noi oggi percepiamo in qualche modo come “progressisti”, dall’alimentazione alla salvaguardia della natura. Quest’ultima è ritenuta essenziale al concetto di identità, mentre il cibo rientra da sempre nei ragionamenti sulla purificazione connessa all’idea di quello che possiamo, semplificando, definire il mito “superuomo” o dell’eroe-guida. E l’idea di purezza della razza si lega a doppio filo con quella della purezza dell’ambiente patrio, così che l’inquinamento diventa un nemico.

L’articolo del New York Times poi entra nel merito di come questi messaggi della Alt Right siano in realtà già entrati, almeno in parte, nel discorso politico ufficiale. Gardiner cita il presidente Donald Trump che da Londra ha parlato dell’inquinamento degli oceani come un tentativo di “alcuni Paesi” di mandare plastica e rifiuti verso gli Stati Uniti: una sorta di minaccia ecologica – scrive la giornalista – da parte di stranieri nei confronti dell’America. Altri commentatori conservatori negli States associano stabilmente i rifiuti ai migranti e considerano il sovraffollamento come il modo più veloce per impoverire e inquinare il suolo. Poi il ragionamento dell’inchiesta fa uno scarto politico: abbracciando gli scenari apocalittici sul fronte ambientale “si possono aprire spazi per l’autoritarismo o per un completo collasso sociale”. Dopo il quale possa nascere una nuova tipologia di Stato, nella visione dell’estrema destra, ispirato a criteri etnici.

La questione, poi, riguarda anche l’Europa: il quotidiano americano guarda a Marine Le Pen, che ha già fatto proprie le preoccupazioni ambientali come elemento dell’ideologia anti migranti e anti musulmani del suo partito. Le radici e il desiderio di vivere con le proprie famiglie sulla propria terra in contrasto con l’atteggiamento dei “nomadi”, che “non hanno una patria e non si preoccupano dell’ambiente”.

“Il nostro futuro in un mondo più caldo con mari innalzati e tempeste potentissime – conclude Beth Gardiner – è già abbastanza terribile. Ma se insieme non mettiamo in atto rapidamente delle azioni serie per affrontare il pericolo esistenziale rappresentato dal cambiamento climatico, questo futuro potrebbe essere ancora più oscuro”.