Nucleare, Filippo Formica: spero si preservi l’accordo con l’Iran

La testimonianza dell'ex rappresentante italiano presso l'Aiea

FEB 18, 2020 -

Roma, 18 feb. (askanews) – La nuova crisi nel Golfo ha riportato sul tavolo la questione nucleare iraniana. L’ambasciatore Filippo Formica, già Direttore della non proliferazione presso il Ministero degli Esteri, ed ex rappresentante permanente italiano presso l’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica con sede a Vienna), si è occupato a lungo del dossier nucleare iraniano, ed assistette alla conferenza stampa del 14 luglio 2015 nella quale fu data notizia del raggiungimento di un’intesa tra i paesi del 5+1 e l’Iran sul Joint Comprehensive Plan of Action (JCPoA).

“A dare notizia del raggiunto accordo, leggendo un comunicato congiunto – racconta il diplomatico italiano ad askanews -, furono l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Federica Mogherini, e il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, al termine di una lunga e serrata tornata negoziale durata più di tre settimane. Ho avuto il privilegio di assistere a quella conferenza stampa e ricordo il clima di attesa alle Nazioni Unite, dove mi era recato di buon’ora allertato dai segnali che avevano cominciato a diffondersi già dalla sera prima, e la diffusa sensazione della portata storica del momento. Prima ancora di entrare nei contenuti, Mogherini e Zarif evidenziarono che l’accordo creava le condizioni per la fiducia e segnava l’avvio di un nuovo capitolo nelle relazioni tra le parti. È un aspetto che, alla luce dei recenti avvenimenti e della progressiva erosione che sta subendo il JCPoA, è utile sottolineare”.

“Vi era infatti la fondata speranza – racconta ancora Formica – che l’attuazione del JCPoA avrebbe finalmente assicurato la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano senza diversioni verso obiettivi militari; mentre l’Iran avrebbe beneficiato dei dividendi della pace in termini di benessere economico, sviluppo energetico e di sicurezza. Una verifica della conformità di Teheran alle misure dell’accordo avrebbe, infatti, consentito la progressiva levata delle sanzioni collegate al programma nucleare, ivi incluse quelle in ambito commerciale, tecnologico, finanziario ed energetico”.

Contrariamente a quanto molti ritengono, l’accordo – sottolinea Formica – non fu sottoposto alla firma delle parti contraenti, ma, inviato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, divenne oggetto di una apposita risoluzione.

Il documento si compone di un testo principale e di cinque annessi, dedicati rispettivamente a: misure relative al programma nucleare; sanzioni; cooperazione nel nucleare civile; Commissione Congiunta; piano d’attuazione. Essi formano un quadro completo, chiaro ed esaustivo, la cui esecuzione, secondo il comunicato, non solo “assicurerà che il programma nucleare iraniano sia esclusivamente pacifico” ma “contribuirà positivamente alla pace ed alla sicurezza internazionale e regionale”.

Come ricorda l’ambasciatore, Mogherini e Zarif conclusero la conferenza stampa del 14 luglio 2015 invitando la comunità internazionale a sostenere la piena attuazione del JCPoA: “Non è soltanto un accordo, ma è un buon accordo”, dissero. “L’espressione ‘good deal’ fu ripetuta dal Segretario di Stato americano, John Kerry, intervenuto subito dopo. Kerry – racconta Formica – ne mise in luce innanzitutto gli obiettivi di non proliferazione sanciti dai limiti oggettivi imposti al programma nucleare iraniano. Egli spiegò che l’approccio seguito era migliore di qualsiasi altra alternativa e ne illustrò i vantaggi a fronte dei rischi della situazione preesistente all’intesa”.

“In effetti la possibilità per l’Iran di procurarsi il materiale fissile necessario alla realizzazione di un ordigno nucleare veniva sostanzialmente ‘bloccata’: ai termini dell’accordo, le scorte di uranio altamente arricchito (HEU) detenute da Teheran dovevano essere ridotte del 98% rispetto alle quote precedenti all’intesa; le centrifughe installate e attive erano limitate a poco più di 6.000 (“i modelli più vecchi e meno efficienti”) per i successivi dieci anni; una moderata attività di arricchimento a basso livello era consentita nel sito di Natanz, ma non a Fordow, che sarebbe invece riconvertito in un centro di ricerca per l’impiego degli isotopi radioattivi a fini medici e di ricerca scientifica; era prevista inoltre la riconversione del reattore ad acqua pesante di Arak ed il trasferimento fuori dal paese delle barre di combustibile esaurito”.

L’ipotesi che Teheran potesse condurre surrettiziamente un programma nucleare militare veniva drasticamente limitata. Il JCPoA prevede infatti un meccanismo “straordinario e robusto” di monitoraggio e verifica, incentrato sulle ispezioni dell’AIEA attraverso l’attuazione del Protocollo aggiuntivo. La capacità di tenere sotto controllo gli scopi e la natura delle attività nucleari iraniane sarebbe risultata enormemente accresciuta sotto gli auspici dell’AIEA.

“Molto eloquente – rammenta ancora Formica – l’osservazione di Kerry secondo cui il fondamento dell’accordo era non già la fiducia, ma una verifica capillare e costante della conformità iraniana ai termini dell’intesa. In effetti, la cooperazione da parte iraniana diventava la misura della progressiva levata delle sanzioni fino alla completa costruzione del rapporto di fiducia tra le parti. In tema di sanzioni il JCPoA include, inoltre, un meccanismo semiautomatico di ‘snap-back’ che consente di reintrodurre le restrizioni a determinate condizioni”.

Il negoziato con l’Iran sulla questione nucleare si era sviluppato, per così dire, secondo i suoi meriti, separatamente dalle dinamiche regionali e da altre questioni politiche. Cionondimeno era auspicio generale a Vienna come altrove, sulla scia dell’entusiasmo per la conclusione dell’accordo, che la nuova stagione inaugurata dal JCPoA avrebbe potuto aprire nuove opportunità anche con rifermento ad altre problematiche dell’area mediorientale.

L’uscita degli Stati Uniti dal JCPoA, i “cinque passi indietro” annunciati dagli iraniani, su quote di uranio arricchito, percentuale di arricchimento, ricerca e sviluppo e numero delle centrifughe, l’intenzione degli E 3 di far ricorso al meccanismo per il regolamento delle controversie, sono storia più recente.

“Sono in corso tentativi di preservare il JCPoA che mi auguro vivamente abbiano successo”, conclude Formica. “Bisogna però constatare che l’obiettivo di avviare un nuovo corso nei rapporti con l’Iran non è stato raggiunto”.