Neo-deputato Regione Nagorno Karabakh: in agenda fine conflitto

Dopo più di 25 anni si cerca soluzione, guardando anche all'Alto Adige

FEB 12, 2020 -

Baku, 12 feb. (askanews) – “Avevo 12 anni quando sono stato espulso dalla mia città, dalla mia terra, non voglio passare il resto della mia vita fuori dal Nagorno Karabakh”. Un desiderio che accomuna più di un milione di azerbaigiani, rifugiati interni, che hanno vissuto e vivono il conflitto congelato da quasi trent’anni della regione dell’Azerbaigian occupata dall’Armenia, di cui Baku chiede la restituzione.

Un desiderio che fa parte dell’agenda del capo della comunità azerbaigiana della regione del Nagorno Karabakh Tural Ganjaliyev, candidato eletto per la circoscrizione di Khankendi, e nato a Shusha, culla della musica dell’Azerbaigian.

“Da bambini vivevamo pacificamente a fianco degli armeni, vogliamo tornare a quella vita pacifica che è durata per secoli”, ha aggiunto in un incontro a Baku il politico azerbaigiano, uno dei nove candidati della regione per le elezioni politiche anticipate che si sono svolte domenica 9 febbraio, che ha ottenuto il suo seggio. “Siamo stati espulsi dalla nostre regione e viviamo come rifugiati in Azerbaigian, in tutto il Paese e abbiamo cercato di incontrare i nostri elettori viaggiando da nord a sud, da est a ovest, abbiamo fatto del nostro meglio per accogliere le loro istanze”.

“Ogni giorno riceviamo foto dai satelliti che mostrano i turisti armeni o anche stranieri che visitano quelle che erano le nostre case, vediamo le foto sui social – racconta Ganjaliyev – Non abbiamo odio o animosità contro gli armeni, vogliamo solo tornare lì. Dopo la restituzione delle nostre proprietà siamo pronti a discutere lo status della regione del Nagorno Karabakh e a investire nella regione in infrastrutture che saranno utili anche per la comunità armena”.

Ma da anni i passi avanti nei negoziati stentano ad arrivare. Il gruppo di Minsk, che dal 1992 punta a risolvere il conflitto nell’ambito dei negoziati Osce con la presidenza di Russia, Stati Uniti e Francia, non ha ancora trovato un punto di caduta che possa soddisfare entrambe le parti e le trattative restano praticamente in stallo. Un certo ottimismo è giunto dopo il cambio ai vertici in Armenia con l’elezione premier armeno Nikol Pashinian e dagli incontri con il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev che per quanto informali hanno rilanciato il piano negoziale.

L’ultimo incontro tra i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian il 30 gennaio a Ginevra, però, si è chiuso ancora senza progressi: “Ogni volta che c’è un incontro speriamo in un risultato, ma tutto resta invariato – spiega Elkhan Khanalizade, un altro dei nove candidati – Anche se abbiamo più risorse e forze militari dell’Armenia vogliamo risolvere questa situazione in maniera pacifica”.

“Facciamo parlare i diplomatici e non le armi – aggiunge Ganjaliyev – Vogliamo una roadmap che ci porti a una soluzione, ma senza aspettare altri 10 anni. E stiamo prendendo esempio dal modello del Trentino-Alto Adige: l’esperienza italiana di pacifica convivenza potrebbe aiutarci a trovare una soluzione.”.