Rapporto Sipri: meno armi nucleari nel mondo, ma più moderne

A inizio 2019, circa 13.865 per 9 Paesi. Usa e Russia in testa

GIU 17, 2019 -

Roma, 17 giu. (askanews) – Il numero di testate nucleari nel mondo è diminuito nell’ultimo anno, ma i Paesi che detengono l’arma nucleare conferiscono “maggiore importanza” al loro arsenale e alla necessità di un loro rinnovamento. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato oggi dall’Istituto internazionale di ricerca sulla pace, con sede a Stoccolma (Sipri).

All’inizio del 2019, Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord detenevano circa 13.865 armi nucleari, circa 600 in meno rispetto all’inizio del 2018, secondo le stime dell’ultimo rapporto Sipri. Di queste 13.865 armi nucleari, 3.750 sono schierate con forze operative e quasi 2.000 sono tenute in uno stato di massima allerta operativa. Allo stesso tempo le potenze nucleari stanno rinnovando il loro arsenale, mentre la Cina, l’India e il Pakistan stanno aumentando la dimensione delle loro capacità.

Anche la Corea del Nord continua a dare massima priorità al suo programma nucleare militare come elemento centrale della sua strategia di sicurezza nazionale, sebbene nel 2018 abbia annunciato una moratoria sui test delle armi nucleari e dei sistemi di lancio di missili balistici a medio e lungo raggio, spiega Sipri nel rapporto.

“Il mondo conosce meno armi (nucleari), ma più nuove”, ha commentato Shannon Kile, direttore del programma di controllo delle armi nucleari di Sipri, e coautore del rapporto. Il calo negli ultimi anni è legato principalmente a Stati Uniti e Russia, i cui arsenali rappresentano ancora oltre il 90% delle armi nucleari nel mondo. Entrambi i Paesi adempiono agli obblighi previsti dal nuovo trattato Start, che hanno firmato nel 2010, che prevede un numero limitato di testate funzionali e il disinnesco di testate vecchie risalenti alla Guerra Fredda.

Ma questo trattato scade nel 2021 e non c’è “nessuna seria discussione in corso per estenderlo”, in un periodo di forte tensione tra le due maggiori potenze nucleari, ha ricordato con preoccupazione Shannon Kile.

L’anno prossimo il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (Tnp), considerato il cardine dell’ordine nucleare globale, avrà 50 anni. Dal picco della metà degli anni ’80, quando si raggiunse il livello di quasi 70.000 armi nucleari nel mondo, il numero è ora diminuito drasticamente. Ma Shannon Kile ha tuttavia notato alcune tendenze inquietanti, come l’accumulo di armi nucleari su entrambi i lati del confine indo-pachistano, circostanza che a sua dire rafforza il pericolo che un conflitto convenzionale possa degenerare in una guerra nucleare.

Inoltre, c’è anche una tendenza più generale a dare “maggiore importanza” alle armi nucleari, con un cambiamento nella dottrina strategica, in particolare negli Stati Uniti, che attribuiscono un ruolo più significativo a queste armi nelle operazioni militari e nelle discussioni sulla sicurezza nazionale, secondo Kile. “Penso che la tendenza sia diversa da quella di cinque anni fa, quando le armi nucleari venivano emarginate in tutto il mondo”, ha precisato l’esponente dell’Istituto Sipri.

In generale, comunque, la disponibilità di informazioni affidabili sullo stato degli arsenali nucleari e le capacità degli Stati dotati di armi nucleari varia considerevolmente. Stati Uniti e Regno Unito hanno rivelato importanti informazioni sulle loro scorte e capacità nucleari. E anche la Francia ha reso note alcune informazioni in proposito. La Russia, invece, non rende pubbliche notizie dettagliate sulle sue forze nucleari anche se condivide queste informazioni con gli Stati Uniti, sulla base del trattato Start.

I governi dell’India e del Pakistan rilasciano dichiarazioni solo su alcuni dei loro test missilistici, ma forniscono poche informazioni sullo stato o sulla dimensione dei loro arsenali. Mentre Pyongyang ha riconosciuto di avere condotto test nucleari e missilistici, ma non fornisce informazioni sulle capacità nucleari nordcoreane. Israele, infine, ha da sempre una politica di totale silenzio sul proprio arsenale nucleare.