Torture e omicidi a sangue freddo, El Chapo secondo ex bodyguard

Agghiacciante testimonianza al processo a NY contro re dei narcos

GEN 25, 2019 -

New York, 25 gen. (askanews) – Uno degli ultimi testimoni al processo a New York a carico di Joaquin Guzman, “El Chapo”, ha consegnato ai verbali dell’udienza alcuni del dettagli più agghiaccianti emersi finora sul modo di fare affari dell’ex re dei narcos messicani, capace di torturare con le sue mani e di uccidere a sangue freddo i rivali. Impiegato come guardia del corpo e tuttofare del Chapo, Isaias Valdez Rios, alias “Memin” o “Memo”, ha raccontato come il suo datore di lavoro abbia giustiziato il membro di un cartello rivale dopo due interrogatori.

Prima di interrogarlo per la terza volta El Chapo l’ha lasciato tre giorni legato in una specie di pollaio. Prima di essere consegnato a Guzman, l’uomo era stato torturato, marchiato a ferro e ustionato con un accendisigari. Poi è stato portato bendato dal capo, cone le mani e i piedi legati a una tomba. Il capo del cartello di Sinaloa ha cominciato a interrogarlo, ma mentre questi rispondeva, gli ha sparato. L’uomo è stato gettato nella fossa e coperto di terra mentre ancora respirava e rantolava, ha raccontato Valdez Rios.

Un altri episodio raccontato dal testimone riguarda due membri del cartello rivale degli Zetas. Dopo averli fatti attaccare, il El Chapo li ha picchiati per ore con un ramo e un fucile d’assalto. “Erano completamente disarticolati, non avevano più un osso intero, non si potevano muovere e il signor Joaquin ha continuato a picchiarli” ha raccontato Valdez Rios, che è diventato in seguito il segretario particolare del Chapo. “Figli di puttana, come avete potuto lavorare con quella gente e tradirci?” ha gridato il capo dei narcos ai due uomini, originari dello Stato di Sinaloa. El Chapo ha poi sparato a entrambi a bruciapelo, per poi far gettare i corpi in un falò, chiedendo ai suoi uomini di non lasciare resti.

Diventato pilota del cartello, Memin, che trasportava carichi di cocaina, è stato arrestato nel 2014 e da allora è detenuto negli Stati uniti. Rischia l’ergastolo, ma spera di ottenere al clemenza della corte per la sua collaborazione. L’omicidio non fa parte dei capi d’imputazione nei confronti del Chapo formulati dalla procura federale di Brooklyn. Processato per traffico di stupefacenti, rischia l’ergastolo. Secondo le accuse avrebbe inviato 155 tonnellate di cocaina negli Usa tra il 1989 e il 2014. Il processo, aperto il 5 novembre, dovrebbe terminare a febbraio.

(fonte Afp)