Romania, nel weekend il contestato referendum contro unioni gay

Si teme la vittoria del sì e una stretta illiberale

OTT 5, 2018 -

Bucarest, 5 ott. (askanews) – Gli elettori romeni voteranno sabato e domenica per un referendum costituzionale che è stato definito dal Patriarca della Chiesa Ortodossa romena “un dovere patriottico” per difendere “il sacro dono della vita”. Si dovrà decidere se modificare l’articolo in cui si definisce il matrimonio l’unione tra “sposi” in “unione tra uomo e donna”. Un’iniziativa, quella voluta da gruppi e associazioni vicini alla Chiesa romena, riuniti nella “Coalizione per la famiglia”, che è stata duramente criticata dalle ong per la difesa dei diritti dell’uomo e anche da alcuni deputati europei che denunciano le discriminazioni per gli omosessuali e la spinta illiberale.

La legge romena, attualmente, non prevede le unioni omosessuali, ma la modifica della Costituzione chiuderebbe la strada alla possibilità di introdurre i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Amnesty ha denunciato il referendum che mina gli standard dei diritti e discrimina gli omosessuali. Il governo socialdemocratico ha cercato di non prendere posizione e la premier Viorica Dancila ha ribadito che “questo referendum non è contro le minoranze sessuali”. Ma nonostante questa dichiarazione neutrale molti politici socialdemocratici hanno prestato il loro volto in tv per appoggiare la campagna per il “sì”.

In Romania l’omosessualità è stata depenalizzata soltanto nel 2001 e sembra che il fronte del sì abbia la strada spianata. Il mese scorso il governo di Bucarest ha annunciato che il referendum si svolgerà su due giornate per garantire la massima affluenza. Gli aventi diritto sono 18,9 milioni, ma per essere valido basta che voti il 30%.

La campagna pro e contro è stata asprissima, soprattutto su internet. “Se non voti, due uomini potranno adottare tuo figlio”, recita un manifesto. E i più critici ritengono che questo tipo di campagna possa andare in una direzione pericolosa per il Paese. Liliana Popescu, docente di Relazioni internazionali all’università di Bucarest, ha paragonato i manifesti alla campagna di persecuzione delle minoranze del nazismo.

Gli attivisti LGBT criticano il voto perché temono che aprirà la porta a campagne ancora più dure e retrograde anche in altri campi, come l’educazione sessuale e l’aborto. Già oggi si registrano decine di aborti negati per ragioni religiose negli ospedali pubblici romeni. Un tema molto sensibile quest’ultimo: nel regime comunista di Nicolae Ceausescu tutte le forme di contraccezione erano vietate e oltre 10mila donne sono morte per le complicazioni legate ad aborti illegali. “La Romania ha già intrapreso una strada illiberale. Il referendum non farà altro che confermare questa direzione”, ha spiegato Popescu.