## F.Profumo: con industria 4.0 per Made in Italy mercato più ampio

Il 24 maggio il ministero ha pubblicato lista centri competenza

GIU 5, 2018 -

Mosca, 5 giu. (askanews) – Il cammino verso l’industria 4.0 è “un momento molto interessante, bello” e attraverso i centri di competenza diventerà “un servizio per il nostro Paese”. Così Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo, in un’intervista ad Askanews, dove spiega a che punto è l’Italia, cosa sta succedendo nel mondo e perché questa nuova rivoluzione industriale trasformerà “il truciolo” da elemento di scarto a punto di partenza della produzione. “I materiali potranno essere utilizzati in modo più efficiente ed efficace” afferma l’ex ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (governo Monti, 2011-2013). “I prodotti locali potrebbero avere un mercato molto più ampio, in termini assoluti, quasi globale” aggiunge. “In fondo, dietro a questa idea, ne abbiamo un’altra: quella che si possa fare fabbrica inizialmente senza avere una fabbrica. La cosa fondamentale è la competenza degli artigiani digitali, che potranno ovviamente lavorare nella loro bottega, oppure potranno diventare soggetti che si aggregano e che diventano realtà industriali”.

Un futuro molto vicino e fruibile quello descritto da Profumo, che ha partecipato anche quest’anno al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, portando la sua esperienza in una tavola rotonda dedicata alla Pmi e organizzata dall’associazione Conoscere Eurasia. “Per l’industria 4.0 l’indirizzo è europeo, ma non solo: negli Stati Uniti, in Cina, in Russia, in Giappone si sta andando verso questa rivoluzione di processi” dichiara. “In Russia, a Skolkovo, all’Innovation Centre ho avuto un’impressione totalmente positiva. È una realtà nata da soli cinque anni, da un’iniziativa russo-americana. È stato coinvolto sin dall’inizio il MIT. Il disegno complessivo merita grande attenzione, soprattutto con una connessione stretta tra ricerca e l’utilizzo della conoscenza in diversi settori. Ho visto delle attività davvero di frontiera: sul tema dei droni, sulla manifattura additiva, sulle nuove reti di comunicazione, sull’intelligenza artificiale”.

Ma anche l’Italia non sta a guardare. “Il nostro Paese – prosegue – è partito bene. Il ministero dello Sviluppo economico ha avuto capacità e competenza al suo interno per definire un bando, certamente di ottima qualità. C’è stato un po’ di ritardo nella finalizzazione, ma poi abbiamo assistito a un’accelerazione in questa fase di selezione”. Il 24 maggio il sito del ministero ha pubblicato la graduatoria dei centri d’eccellenza, guidata dal Politecnico di Torino e da quello di Milano. “Io credo che recupereremo, se siamo un po’ in ritardo e gli elementi di base ci sono, per fare un buon lavoro. Abbiamo le competenze che devono trovare una gerarchizzazione in termini di processi. Ma alla base rimangono loro. Cambieranno alcune attività di formazione: a ingegneria uno dei corsi fondamentali si chiama costruzione di macchine. Ma i programmi di costruzione di macchine per la manifattura additiva non rimarranno gli stessi. C’è tutto un processo, a partire dalle scuole, dalle università, dalla ricerca e i materiali saranno fondamentali”.

Chiaro è che i materiali potranno essere utilizzati “in modo più efficiente ed efficace. In fondo non c’è più lo scarto”. Con la manifattura additiva il truciolo diventa il materiale, sul quale non si lavora per sottrazione, ma per addizione. Insomma se un tempo Michelangelo per scolpire il David dovette privare la pietra di chili di polvere, oggi userebbe quella polvere al posto della pietra. “Il fatto che si utilizzi meno materiale, impone un minor utilizzo di energia, e questo è un altro elemento che migliora la produttività del sistema” continua Profumo. “Ciò permetterà di avere buona capacità di produzione su scala artigianale ampia: si potranno fare dei prodotti di altissima qualità, in maniera più semplice che nel passato. Prendiamo la ceramica: i prodotti realizzati da questi artigiani digitali potrebbero avere delle dimensioni interessanti ed essere appetibili da mercati molto più grandi, rispetto a oggi”.

Certamente le opportunità saranno tantissime, ma che fine farà il Made in Italy? “Il sistema sarà più competitivo, più sofisticato e con una resilienza in termini di qualità più elevate. Avrà sempre più competenze attraverso la preparazione delle persone che lavorano in questo processo. Probabilmente saranno meno singoli e più aggregazioni di persone, però credo che la nostra creatività, la nostra storia e soprattutto questa nostra capacità di trovare soluzioni anche veloci, potrà essere una carta da giocare fino in fondo. I prodotti poi, deriveranno dai processi. E non è semplice dire quali saranno”. Mentre gli artigiani digitali saranno “artigiani naturalmente in senso più vasto rispetto al passato tradizionale, pur mantenendo quella caratterizzazione”.

Insomma, rivoluzione sarà. Ma dove? Centri di competenza al Nord come al Centro e nel Sud Italia. Si trasformeranno in veri e propri poli d’innovazione a partecipazione pubblico privata, dove far confluire la ricerca sia delle Università, sia delle aziende. “A Torino l’idea di base è avere delle linee pilota per consentire alle Pmi di avviarsi verso questo nuovo processo nei diversi settori. Spesso le aziende medio-piccole non ne hanno avuto l’opportunità. C’è un indicatore che credo sia abbastanza importante. Solo il 20% delle aziende italiane hanno le condizioni per avviarsi da sole verso il nuovo processo della fabbrica 4.0. Quindi l’idea è permettere a un’azienda di inviare il personale, prima a formarsi e successivamente ad utilizzare le linee pilota all’interno del centro di competenza”. Lo scopo sarà “imparare, cominciare a trasformare alcuni prodotti in termini di manifattura additiva, e poi avviare piccole produzioni. Una volta che questo processo sarà consolidato, l’azienda potrà servirsi del centro di competenza, oppure potrebbe acquistare le macchine per riportare all’interno della propria fabbrica queste avanzate tecnologie di fabbricazione”.

Il politecnico di Milano invece si occuperà di digitalizzazione di prodotti e di sistemi produttivi. “È l’industria che va verso la totale informatizzazione, ma con una certa gradualità: questo è l’obiettivo. Verso una fabbrica sempre più digitalizzata. Lo schema è lo stesso: la fase di formazione; il personale avrà poi la possibilità di sperimentare quanto imparato, poi porterà a casa conoscenza e saper fare”. L’Alma Mater di Bologna si occuperà invece di big data e manutenzione preventiva. “Oggi noi abbiamo quella che viene definita manutenzione programmata. Prendiamo l’automobile: la manutenzione è ogni 15.000 km, decisi in base a valori medi. Naturalmente questi possono essere stati compiuti su strade accidentate, in città, a velocità molto ridotte o molto elevate: ciò significa che in alcuni casi la manutenzione preventiva non sarebbe stata necessaria, perché ci sono ancora degli spazi in termini di tempo per farla. Ma se sull’automobile ci fossero un certo numero di sensori che generano dati e venissero utilizzati al fine di stabilire l’effettiva usura del veicolo, si potrebbero da una parte ridurre i costi e dall’altra prevenire guasti e situazioni di pericolo”.

Nella graduatoria del Ministero compare anche la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che “ha già un’ampia competenza sulla robotica di servizio, piuttosto che industriale”. Mentre il Triveneto e in particolare l’Università degli Studi di Padova, si concentrerà sul rapporto digitale – cliente.